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GIORNO PER GIORNO 15 febbraio

Cronologia di storie della Beat Generation, della Controcultura e altro ancora.


15 febbraio 1968.

500 persone chiamate dai Diggers si radunano sulla collina di fronte alla prigione di San Quentin per un concerto improvvisato a sostegno della lotta dei detenuti, su invito del loro giornale di lotta clandestino Outlaw

Da una settimana circolava a San Francisco un appello di detenuti di San Quentin che sollecitavano l’appoggio alla loro lotta contro le continue violenze e angherie subite. Il comunicato, uscito clandestinamente dal carcere a firma Outlaw San Quentin e raccolto dal Barb, giornale underground di Berkeley, invitava alla solidarietà con il loro sciopero programmato dal giorno 15 con astensione dalle mansioni interne. Da giorni i Diggers, il gruppo più organizzato e fantasioso della Bay Area aveva raccolto l’invito e la mobilitazione era iniziata dopo la mezzanotte del 14 al termine dei concerti al Carousel. Dopo l’ultimo bis dell’ultima band del mattino c’è stato un annuncio sul palco: “Ehi, ricorda, siamo tutti prigionieri finché tutti non sono liberi. Quindi domani vieni a San Quentin – hanno bisogno del nostro sostegno. Con noi ci saranno Country Joe and the Fish, sono venuti da New York per suonare tra noi e non andranno via. Ci saranno anche i Grateful Dead e i Jefferson Airplane”

All’interno del carcere la Direzione aveva predisposto il raddoppio della sorveglianza dentro e fuori. I detenuti erano stati divisi e scortati al lavoro con largo anticipo per impedire qualsiasi forma di sciopero collettivo. All’esterno arrivano in cinquecento.

Mentre il camion dei Grateful Dead che trasporta l’attrezzatura viene trasformato in un palco e dagli altoparlanti inizia la musica, tutto attorno si montano striscioni, si gridano slogan davanti agli ingressi e ai secondini schierati, si legano mazzi di fiori ai cancelli. Per tre ore la musica a tutto volume ha continuato a inondare tutta la zona, intervallata alle grida di solidarietà urlate al microfono. Secondo quanto riporta il Los Angeles Times la manifestazione si è protratta sino all’imbrunire con facce sorridenti e scherzose all’esterno che si contrapponevano alla grinta tutt’altro che amichevole delle guardie. Il direttore L.S. Nelson, 58 anni, descritto come un tipo duro e diretto ha detto a un giornalista: “La grande maggioranza della popolazione carceraria ha svolto il proprio lavoro come se non ne avesse mai sentito parlare dell’appello degli Outlaw”. Anche la stampa ufficiale ha però dovuto ricordare che l’insuccesso dello sciopero, limitato a una sessantina di detenuti, era dovuta alle pesanti attenzioni a cui erano stati sottoposti i promotori dell’iniziativa: violenza, isolamento,trasferimenti e un pesante clima di minaccia per tutti i 3600 prigionieri. Le cronache successive dimostreranno che la Direzione aveva fatto male i suoi conti.

Tra le tante testimonianze della mobilitazione riportate nel sito dei Diggers si può leggere questa di una delle attiviste Siena Natural Suzanne Carlton Firestone (nella foto)


15 febbraio 1966

New York: scenica invasione guidata da un gorilla nella redazione della patinata rivista Esquire: happening festoso nelle stanze dove il new journalism celebra sé stesso.

L’Esquire è una rivista maschile di successo. Moda, fotografia, e cultura da trentatre anni hanno trovato casa nelle sue colonne ospitando le firme di Ernest Hemingway , William Faulkner , John Steinbeck , John Dos Passos, Truman Capote e Norman Mailer. Negli ultimi anni è stato il luogo in cui ha trovato spazio il cosiddetto new journalism: autori come Tom Wolfe e Gay Talese, Joan Didion,Hunter Thompson avevano ripreso quelle forme di giornalismo di indagine che Nellie Bly aveva introdotto decenni prima nelle colonne del New York World di Joseph Pulitzer. l’editore Gingrich, alla guida del giornale dal 1952 nel numero di febbraio aveva ribadito la linea e l’impegno della rivista: “continuare a dire ‘cose pertinenti in modo nuovo e originale’. Qualcosa di nuovo, originale e non (da lui)previsto era nell’aria.

Metto in scena questa cosa all’Esquire martedì mattina; faremo irruzione nell’ufficio con una folla di persone e ci muoveremo in giro tra le stanze della redazione” aveva annunciato alla Cinematheque tre giorni prima la performer Joyce Grellei. Alla 10,23 il primo carnevalesco assalto: un centinaio di persone radunati nel marciapiede di fronte all’edificio, fanno irruzione nei locali della rivista guidati da un nero gorilla peloso, reduce da una festa in onore di King Kong, e da tre modelli con stivali di Courreges. Con loro oltre a Joyce Grellei, , l’artista di Happenings Alan Hanson, e musicisti che si fermano a suonare tra le scale e i pianerottoli. Qui un sax dal suono straziante e più avanti bonghi e chitarre per ritmi decisamente festosi e danzerecci. Il cronista del East Village Other John Wilcock, annota la presenza di Paul Krassmer,giornalista e ideatore di molte incursioni dei Merry Pranksters di Ken Kesey, di Dick Higgins che, fedele alla sua lunga militanza poetico-sonora e visuale, inscenava situazioni con sonorità tarzanesche, di Betty Thompson, in un abito dorato scintillante, intenta a realizzare un gigantesco puzzle sul pavimento rivestito di piastrelle di gomma, mentre Maris Cakaris distribuiva volantini contro la guerra assieme a Tuli Kupferberg dei Fugs. La reazione all’azione dell’allegra brigata aveva un eco all’esterno dove centinaia di curiosi e di persone che volevano partecipare all’happening venivano tenute alla larga dalla polizia intervenuta in forze ma indecisa su cosa fare e quale reato eventualmente contestare. Il costume del gorilla perdeva copiosamente peli che si depositavano tra mobili e corridoi e scale. Forse all’Esquire nell’occasione non hanno gradito questo.

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