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GIORNO PER GIORNO 9 luglio - Eve of destruction

9 luglio 1955

 

Bertrand Russell presenta l’appello lanciato da Albert Einstein per il disarmo nucleare



L’appello controfirmato da altri undici scienziati ed intellettuali finiva con queste parole: “Noi rivolgiamo un appello come esseri umani ad esseri umani: ricordate la vostra umanità e dimenticate il resto. Se sarete capaci di farlo vi è aperta la via di un nuovo Paradiso, altrimenti è davanti a voi il rischio della morte universale.”



“Tu non capisci ancora cosa io ti dico non provi il terrore immenso con cui ti parlo se abbassano la leva, non ci sarà rifugio ma un unico biglietto d’ingresso per la morte ed è l’unica certezza che il mondo abbia oggi quindi

cosa vuoi ancora amico per capire che questa è proprio l’alba della fine?”


( Eve of Destruction, Sloan-McGuire)


Tra i firmatari dell’appello per il disarmo c’è anche Joseph Rotblat, lo scienziato del gruppo che aveva lavorato al “progetto Manhattan”, cioè alla realizzazione del primo armamentario nucleare americano, alle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e su Nagasaki, l’uomo che aveva avuto il coraggio di abbandonare il centro atomico di Los Alamos e tornarsene in Gran Bretagna per dedicare la sua vita ad altri studi e all’impegno per la pace e il disarmo. Così parlava della sua attività nel centro segreto nel deserto di Los Alamos:


“ (…)era la fine del 1938, avevo iniziato a impiegare l’uranio, e quando appresi della fissione dell’uranio, non tardai a verificare sperimentalmente se i neutroni venissero emessi con la fissione. E scoprii che così avviene – di fatto, il numero di neutroni emessi è maggiore rispetto a quelli che producono fissione. Partendo da questa scoperta, era un esercizio intellettuale piuttosto semplice immaginare una reazione a catena divergente che liberasse grandi quantità di energia. Ne conseguiva logicamente che se quest’energia veniva liberata in un tempo estremamente breve, il risultato sarebbe stato un’esplosione di potenza inaudita. Parecchi scienziati di altri paesi, compiendo ricerche analoghe, giunsero a ragionamenti simili, anche se non immaginarono necessariamente la stessa reazione.


Personalmente, reagii rimuovendo l’intera questione, come una persona che cercasse d’ignorare il primo sintomo di una malattia mortale, nella speranza di farla svanire. Ma la paura ci tormentava comunque, e la mia paura era che qualcuno potesse mettere in pratica questa idea. Il pensiero che sarei stato io stesso a farlo non mi sfiorava nemmeno, perché mi era completamente alieno. Sono stato educato secondo princìpi umanitari. A quel tempo la mia vita era incentrata sul “puro” lavoro di ricerca, ma ho sempre creduto che la scienza debba essere impiegata al servizio dell’umanità. L’idea di usare le mie conoscenze per produrre una tremenda arma di distruzione mi sembrava aberrante.


Lavorare alla bomba atomica mi aveva fatto capire che anche la pura ricerca presto trova applicazione, in un modo o nell’altro. Se era così, volevo essere io stesso a decidere come dovesse essere applicato il mio lavoro. Scelsi una branca della fisica nucleare che sarebbe stato certamente d’aiuto all’umanità: le applicazioni mediche. Di conseguenza, cambiai completamente l’orientamento della mia ricerca, e passai il resto della mia carriera accademica lavorando in una facoltà di medicina e in un ospedale. Se da una parte questo mi dava soddisfazioni personali, ero d’altro canto sempre più preoccupato per gli aspetti politici dello sviluppo delle armi atomiche, in particolare della bomba all’idrogeno, della quale avevo avuto notizia a Los Alamos. Mi impegnai quindi sia per mettere in guardia la comunità scientifica del pericolo, sia per informare il pubblico di questa minaccia.”


Bertrand Russell per generazioni di studenti (e militanti) degli anni Cinquanta e Sessanta era la figura di filosofo che si sentiva più vicino, meno ostico, per niente antipatico. La sua Storia della filosofia , che parlasse di antichi o moderni, era chiara, facile da capire e buona per appassionarsi. Se ne poteva prendere sempre qualcosa da citare e cavarsela in qualunque interrogazione. I suoi scritti sulla morale e la libertà sessuale, stampati anche in Italia a prezzi economici, ne avevano fatto aumentare anche qui la popolarità. E poi, dove c’era un altro filosofo che reggesse uno striscione con il simbolo della pace, o fosse presente a un sit-in seduto in terra con altri? Alto, magro, con una capigliatura disordinata e capricciosa Russell più di altri incarnava lo spirito di ribellione e resistenza di quel tempo.


“Noi siamo condannati e stiamo a guardare abbiamo gli occhi liberi le mani incatenate ma i passi di chi marcia non portano la pace si fanno delle leggi che restano parole la via del rispetto è stata abbandonata e un uomo serve solo per fare da bersaglio e tutto questo cresce, la nausea è troppo forte quindi cosa vuoi ancora amico per capire che questa è proprio l‟alba della fine? “


(Eve of Destuction Sloan e McGuire)


Dopo la distruzione delle città giapponesi nel 1945, la bomba atomica americana era diventata la minaccia contro l’ex alleato sovietico, innescando una continua rincorsa agli armamenti e un continuo fronteggiarsi in conflitti locali. Albert Einstein con Bertrand Russell avevano messo in guardia il mondo dagli enormi pericoli rappresentati dai nuovi armamenti che vedevano la dura contrapposizione sovietico-americano, dove entrambe le parti erano armate di bombe all’idrogeno, un’ arma termonucleare, con un potenziale distruttivo mille volte superiore a quello di Hiroshima. La distruzione di massa di milioni di persone non pareva essere un tabù per i due schieramenti mondiali, in quella che per decenni venne chiamata Guerra Fredda. Il presidente americano Eisenhower con allarmante candore era arrivato a dichiarare pubblicamente che sarebbero state usate “esattamente allo stesso modo nel quale si usano i normali proiettili”.


“Noi siamo condannati e stiamo a guardare abbiamo gli occhi liberi le mani incatenate ma i passi di chi marcia non portano la pace si fanno delle leggi che restano parole la via del rispetto è stata abbandonata e un uomo serve solo per fare da bersaglio e tutto questo cresce, la nausea è troppo forte quindi, cosa vuoi ancora amico per capire che questa è proprio l‟alba della fine”


(Eve of Destuction Sloan e McGuire)



Non era stato facile per Bertrand Russell e Albert Einstein convincere il gruppo di scienziati e intellettuali a prendere una posizione netta contro le armi nucleari. Si doveva dare l’impressione certa che nessuna delle sue superpotenze ne traesse vantaggio mediatico, si dovevano cercare le parole giuste e chiare per far capire che l’intera umanità era in pericolo e non una o l’altro dei contendenti per la supremazia del mondo.


Cercheremo di non dire nemmeno una parola che possa fare appello a un gruppo piuttosto che a un altro. Tutti sono ugualmente in pericolo e se questo pericolo è compreso vi è la speranza che possa essere collettivamente scongiurato. Dobbiamo imparare a pensare in una nuova maniera: dobbiamo imparare a chiederci non quali passi possono essere compiuti per dare la vittoria militare al gruppo che preferiamo, perché non vi sono più tali passi; la domanda che dobbiamo rivolgerci è: quali passi possono essere compiuti per impedire una competizione militare il cui esito sarebbe disastroso per tutte le parti?.”


Albert Einstein aveva ricevuto l’incarico dalla Società delle Nazioni (poi ONU) un decennio dopo la prima guerra mondiale di scegliere un tema di urgente attualità e una personalità della cultura con cui avviare una pubblica discussione. Era il 1932, un anno prima dell’ascesa di Hitler e come tema scelse la guerra e Sigmund Freud come interlocutore. Il carteggio tra i due riflette le preoccupazioni che ben presto sarebbero stati di tutta l’umanità.


Già tre anni prima il padre della psicanalisi aveva concluso il suo saggio Il disagio della civiltà, con un passo già allora decisamente allarmante e profetico:


Il problema fondamentale del destino della specie umana a me sembra sia questo: se, e fino a che punto, l'evoluzione civile riuscirà a padroneggiare i turbamenti della vita collettiva provocati dalla pulsione aggressiva e autodistruttrice degli uomini. In questo aspetto proprio il tempo presente merita forse particolare interesse. Gli uomini adesso hanno esteso talmente il proprio potere sulle forze naturali, che giovandosi di esse sarebbe facile sterminarsi a vicenda, fino all’ultimo uomo. Lo sanno, donde buona parte della loro presente inquietudine, infelicità, apprensione. E ora c'è da aspettarsi che l'altra delle due “potenze celesti”, l'Eros eterno, farà uno sforzo per affermarsi nella lotta con il suo avversario parimenti immortale. Ma chi può prevedere se avrà successo e quale sarà l'esito?”


Albert Einstein negli ultimi decenni aveva usato la sua riconosciuta autorevolezza per intervenire non solo contro la guerra e la corsa agli armamenti ma anche per denunciare le discriminazioni degli afroamericani , l’inconsistenza del concetto di razza e la stupidità dell’idea della supremazia bianca. Nell’avvicinarsi della morte aveva lavorato alla stesura di un proprio testamento spirituale, un appello alle coscienze per una mobilitazione mondiale per fermare il pericolo di nuove guerre ”Questo dunque è il problema che vi presentiamo, netto, terribile e inevitabile: dobbiamo porre fine alla razza umana oppure l'umanità dovrà rinunciare alla guerra? È arduo affrontare questa alternativa poiché è così difficile abolire la guerra. L'abolizione della guerra richiederà spiacevoli limitazioni della sovranità nazionale, ma ciò che forse più che ogni altro elemento ostacola la comprensione della situazione è il fatto che il termine ‘umanità’ appare vago e astratto, gli uomini stentano a rendersi conto che il pericolo è per loro, per i loro figli e loro nipoti e non solo per una generica e vaga umanità.


È difficile far sì che gli uomini si rendano conto che sono loro individualmente ed i loro cari in pericolo imminente di una tragica fine.”


Il testo di Albert Einstein, inviato al suo amico Bertrand Russell diventa la base per l’appello poi sottoscritto da altri scienziati. Sarà reso noto dal filosofo inglese il 9 luglio 1955 in vista del vertice di Ginevra del 18 luglio dei rappresentanti dei Paesi vincitori della seconda guerra mondiale: il presidente degli Stati Uniti Dwight D. Eisenhower, il primo ministro britannico Anthony Eden, il premier dell'Unione Sovietica Nikolai Bulganin e il primo ministro francese Edgar Faure. Tutti dotati di un arsenale militare nucleare.


Venite padroni della guerra voi che costruite i grossi cannoni voi che costruite gli aeroplani di morte voi che costruite tutte le bombe voi che vi nascondete dietro i muri voi che vi nascondete dietro le scrivanie voglio solo che sappiate che posso vedere attraverso le vostre maschere Voi che non avete mai fatto nulla se non costruire per distruggere voi giocate con il mio mondo come se fosse il vostro piccolo giocattolo voi mettete un fucile nella mia mano e vi nascondete dai miei occhi e vi voltate e correte lontano quando volano le veloci pallottole (…)

Voglio farvi una domanda: il vostro denaro vale così tanto vi comprerà il perdono pensate che potrebbe? Io penso che scoprirete quando la morte esigerà il pedaggio che tutti i soldi che avete accumulato non serviranno a ricomprarvi l'anima E spero che moriate e che la vostra morte giunga presto seguirò la vostra bara in un pallido pomeriggio e guarderò mentre vi calano giù nella fossa e starò sulla vostra tomba finché non sarò sicuro che siate morti.


(Bob Dylan: Master of war 1963)


Barry McGuire - Eve Of Destruction (1965)


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