GIORNO PER GIORNO 8 aprile - Londra brucia
- Andrea Colombu
- 8 apr 2021
- Tempo di lettura: 6 min
8 aprile 1977
Londra brucia: esce il primo album dei Clash, scontro di classe, rabbia giovanile, rivolta

“I neri hanno un sacco di problemi. Ma non esitano a lanciare un mattone/ I bianchi vanno a scuola dove ti insegnano ad essere scemo/ E tutti fanno quello che è stato detto loro di fare/ E nessuno vuole finire in prigione!” (White riot)

Dopo l’uscita a marzo del primo singolo White Riot, esce l’album The Clash, con i brani composti e presentati nei concerti dell’autunno e inverno. Una varietà di suoni, interpretati con velocità e compattezza, con alle spalle il primo rock ‘n’ roll e le sonorità giamaicane. In copertina Paul Simonon, Mick Jones e Joe Strummer nella foto realizzata da Kate Simon a Camden Town nei pressi di una vecchia fabbrica abbandonata che i Clash avevano scelto come studio di registrazione. Il batterista Terry Chimes, non ancora nella band, non figura nella foto ma compare nei crediti del disco con lo pseudonimo Tory Crimes che tradotto suona “I Crimini dei Tory” cioè i crimini del partito conservatore di destra. Sul retro una significativa foto, scattata da Rocco Macauley, durante i violenti scontri tra immigrati giamaicani e polizia inglese al Carnevale di Notting Hill dell’agosto 1976.
L’album è un violento grido di rabbia e un invito alla rivolta: “Londra brucia, brucia tutta per tutta la notte”, “Non hai i soldi, non hai potere, pensano che tu sia inutile, quindi sei uno scarto, un punk..” e poi odio e conflitto, ce n’è per tutti, per le meschine omologanti offerte di carriera lavorativa, per il conformismo, per l’invasione culturale USA con i loro stupidi telefilm e poi la cover di “Police and Thieves” di Junior Marvin e Lee Perry, un omaggio alle influenze della cultura giamaicana e al dub.

Scrive lo storico e critico musicale Jon Savage nel suo libro Il sogno inglese: “Nel luglio del 1975 l’Inghilterra era in piena recessione. Le cifre relative alla disoccupazione relative a quel mese erano le peggiori dalla seconda guerra mondiale, tra i più vulnerabili c’erano quelli usciti da scuola. non soltanto calava la produzione, ma la spesa pubblica aveva raggiunto il 45% del reddito nazionale e minacciava di squilibrare l’intero sistema economico. Nel novembre 1975 il cancelliere Denis Healey presentò un pacchetto di tagli alla spesa pubblica per tre miliardi di sterline.” I tagli vanno ovviamente all’assistenza sociale, la scuola pubblica, l’edilizia popolare. Dal dopo guerra sia i conservatori che i laburisti avevano attuato politiche di “patto sociale”, consumi di massa in cambio di sfruttamento della classe operaia massificata: una mistificazione che nascondeva la divisione classista della società, dando la possibilità di maggiore possibilità di acquisto, persino di quello che era un tempo considerato “superfluo” come l’abbigliamento o la musica.

In America nel 1975 era finita la guerra in Vietnam con la fuga precipitosa degli americani da Saigon. Aveva fatto il giro del mondo in una sola ora la foto degli ultimi marines che si stringevano al carrello di un elicottero per cercare di allontanarsi dopo l’arrivo dei guerriglieri vietcong vittoriosi. Era stato un gran sollievo per tutti i giovani, non più costretti all’incubo di finire nelle paludi del Sudest Asiatico con un mitra in mano. Nixon era stato mandato a casa assieme alla sua banda di spioni, impelagato nello scandalo Watergate e al suo posto c’era il presidente Ford di cui si diceva che non sapesse fare due cose contemporaneamente tipo masticare chewing gum e allacciarsi le scarpe. L’estraneità sociale giovanile a tutto quel mondo era totale. Musicalmente si ramificavano filoni musicali diversi destinati presto ad intrecciarsi: il suono duro ereditato dagli Stooges e dal più politico dei MC5, quello che discendeva dai Velvet Underground e la cultura junkie newyorchese, tra tutti le New York Dolls e quella più art&poetry di Patti Smith, Richard Hell,Richard Lloyd, Lennie Kaye, Jim Carroll che sembravano riassumere tutte le subculture e la controcultura precedente. In mezzo i più stradaioli e teppisti, i finti fratellini Ramones, compendio di surf music, standars dei gruppi femminili della scuola di Phil Spector e il suo Wall of sound, portato all’eccesso e suonato velocissimo su testi giocosamente insignificanti. Nel dicembre 1975 esce una rivista che ha la giusta pretesa di descrivere tutta questa nuova, conturbante, elettrizzante scena rock. La rivista si chiama Punk, come da un po’ viene chiamata la musica che si fa nel locale CBGB’s di New York.

Prima di allora il termine Punk aveva il significato di “marginali”, “mal messo”, “il peggiore della classe”. Ora Punk diventa un termine rivendicato dalle subculture musicali e artistiche. Un intraprendente aspirante manager, dagli studi artistici e dalle simpatie situazioniste, Malcolm McLaren, tornava a Londra dopo il tentativo maldestro di trasformare le New York Dolls in fase decisamente declinante in un provocatorio combo bolscevico con tanto di ostentazione improbabile di bandiere rosse e simboli rivoluzionari: le bambole-junkie non scandalizzavano proprio nessuno e David Johanssen, forse l’unico non perennemente strafatto della band, era comunque troppo intelligente per credere a simili invenzioni sceniche.
Mentre Malcolm McLaren assieme alla sua fidanzata, l’innovativa stilista Vivienne Westwood, si attrezzavano a Londra per inventare qualcosa di nuovo nella primavera del 1976, un giovane figlio di un diplomatico, Joe Strummer, mollata la famiglia e diventato uno squatter iniziava a farsi conoscere in certi club londinesi con la sua pub band, the 101ers. Il nome del gruppo era facile da ricordare: loro, erano quelli della casa occupata al 101 Walterton Terrace.
Da più di un anno le occupazioni di case sfitte si erano estese a migliaia in varie zone di Londra, in particolare verso Notting Hill dove la tradizionale presenza di immigrati delle Antille si mischiava ora con giovani bianchi, studenti, operai, precari, disoccupati provocando un incontro di culture, atteggiamenti sociali, comportamenti e fruizioni musicali.
Al Roxy, un locale che tradizionalmente attirava un pubblico gay, una volta alla settimana si potevano ascoltare le scelte musicali di un giovane di provenienza giamaicana, Don Letts. Suoni nuovi: reggae, dub, ska, rocksteady. Il locale iniziava ad avere nuovi frequentatori che andavano ad aggiungersi ai precedenti. Tra questi Paul Simonon, Joe Strummer, Mick Jones e tantissimi altri ragazzi che a breve formeranno le nuove band della scena punk.
Nel giro di pochissimo tempo, dalla metà del 1975 all’anno successivo, tutto sembrava essere cambiato. Come cresceva la disoccupazione e il disagio giovanile, così ci si disaffezionava ai riti sociali precedenti e alle forme musicali della prima metà degli anni Settanta. Basta con i grandi concerti da stadio, band con palchi e coreografie gigantesche, la musica nuova si sentiva nei piccoli locali. Dopo il tramonto del progressive, la solitudine delle belle imprese della scena di Canterbury che trovava sviluppi oltre il mare, le incertezze dell’hard rock,e il glam, ormai abbandonato da Bowie e Marc Bolan, diventava la barzelletta degli Slade e degli Sweet, nelle classifiche primeggiava la bubble-gum music dei Bay City Rollers. C’era proprio il tanto per azzerare tutto e ricominciare da capo.

Una sera, nell’aprile del 1976, al Nashville Club, i 101ers di Joe Strummer si esibiscono dopo il gruppo spalla, una band nuova che da alcuni mesi gira molto, i Sex Pistols, la band messa su da Malcolm McLaren. L’impressione è tremenda: i due gruppi hanno persino un brano in comune, Steppin’ stone, ma la differenza sta nell’atteggiamento sul palco, è opposto. Ai Pistols non interessa niente cosa pensa il pubblico di come suonano, mentre i 101ers erano stanchi di provare a farsi ascoltare da un pubblico ubriaco di birra. Strummer scioglie la band e su suggerimento di Bernie Rhodes, amico e concorrente di McLaren, mette su una nuova band che si occupi di cose che riguardano la vita di strada. Con Mick Jones alla chitarra, Paul Simonon al basso e Terry Chimes alla batteria iniziano a provare col nome di Clash. lo scontro che si fa suono.

Nell’estate di quell’anno alla fine delle festività di agosto, il Carnevale giamaicano a Notting Hill si era trasformato in una violenta rivolta. Da mesi la politica governativa di restrizioni e di tagli all’assistenza sociale aveva comportato anche una politica di pesante controllo nei quartieri popolari che assieme a un notorio atteggiamento razzista della polizia aveva creato una tensione altissima con le comunità di immigrati, con arresti,incidenti, scontri.

Al Carnevale di Notting Hill la polizia si era presentata con milleseicento uomini, come se si trattasse di un preparativo rivoluzionario e non di una festa popolare. Alle 17 del pomeriggio, dopo numerose provocazioni anche da parte di poliziotti in borghese, quando un ragazzo nero viene malmenato da un gruppo di manganellatori in divisa, si scatena una liberatoria reazione di massa. Volano mattoni presi dai cantieri, non c’è tempo per fare barricate per resistere alle cariche dei mezzi della polizia, la gente fugge verso Portobello travolgendo il mercato. Si tira di tutto e ci si difende con qualunque cosa. Quando i gruppi di dimostranti scompaiono da una strada ricompaiono in un’altra e nuovi mattoni distruggono le auto della polizia, trenta vanno a fuoco. I poliziotti questa volta arretrano, fuggono, soccorrono i propri feriti. Gli scontri durano ore. Una foto storica ritrae il musicista giamaicano Don Letts che avanza da solo verso un imponente schieramento di polizia.

Joe Strummer, Mick Jones, Paul Simonon tornano a casa, buttano all’aria alcuni dei pezzi che avevano preparato o li trasformano nei testi e in ritmi più grintosi. Del resto Londra brucia e non è tempo più di chiedersi come aveva fatto Mick Jagger otto anni prima dopo gli scontri davanti all’ambasciata Usa: “Cosa può fare nell’indolente Londra, un ragazzo, se non suonare in una rock’n’roll band?”.
“Tutto il potere nelle loro mani, di gente abbastanza ricca per comprarselo Mentre noi camminiamo per strada, troppo polli anche solo per provarci. Prendi il controllo o prendi ordini? Vai indietro a vai avanti? Rivolta bianca, voglio ribellarmi, voglio una rivolta mia!” (The Clash: Withe riot 1977)
THE CLASH - London's Burning
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