top of page

GIORNO PER GIORNO 5 maggio - Feroce, equilibrata compassione

5 maggio 1964

 

Assegnazione del premio Pulitzer per la poesia a Louis Simpson, poeta giamaicano, poi docente alla Columbia University, autore di studi su Dylan Thomas, Allen Ginsberg, Sylvia Plath, Robert Lowell.



"È la lotta per esprimere il contemporaneo che fa sembrare viva la poesia, e la vita contemporanea difficilmente può essere espressa nelle forme usate dai poeti quattrocento anni fa".


Aveva iniziato a scrivere durante i giorni della guerra, quando con la 101a divisione aviotrasportata aveva combattuto in Belgio e Francia contro le truppe di Hitler. Le sanguinose battaglie, l’accerchiamento della sua compagnia, i morti, il freddo sono gli elementi che entrano nei suoi primi componimenti. “Per ricordare una battaglia a cui ha preso parte”, spiegò nel 1964, “un uomo deve rendersi di nuovo innocente,libero dall’influenza di giornali, libri e film. Deve ricordare la sua vita reale, la vita del corpo. Tutto il resto è giornalismo. “


Nato in Giamaica da padre afro-scozzese e madre russa, a 17 anni era emigrato negli Stati Uniti, dove aveva iniziato gli studi alla Columbia University con Marc Van Doren come docente, premio Pulitzer per la poesia nel 1940 e insegnante e ispiratore di scrittori, pensatori e poeti come Thomas Merton, John Berryman e anche Allen Ginsberg, compagno nel corso di laurea e Jack Kerouac. Dopo la guerra era rimasto per un periodo a Parigi, ricoverato per stress post traumatico. “Quando ero in ospedale ho scoperto che riuscivo a malapena a leggere o scrivere. In queste circostanze ho iniziato a scrivere poesie. Ho scoperto che la poesia era l'unico tipo di scrittura in cui potevo esprimere i miei pensieri. Una notte ho sognato di essere sdraiato sulla riva di un canale, sotto il fuoco delle mitragliatrici. La mattina dopo l'ho scritto, ‘Carentan O Caretan’, e mentre scrivevo ho capito che non era un sogno, ma il ricordo della mia prima volta sotto il fuoco”.


In Francia aveva pubblicato anche il suo primo libro nel 1949 Les arrivistes. Poi il ritorno in America e gli studi terminati alla Columbia. Al termine di Laurea e specializzazione il lavoro, in una casa editrice e l’insegnamento a Berkeley e a New York, mentre continua a scrivere e ben presto a pubblicare ancora su riviste e in raccolte poetiche, per un totale di diciotto libri a cui si aggiungono saggi e studi critici.

La sua poesia ha uno stile narrativo, che non esclude la musicalità del verso che sottolinea, anzi e dà solidità alle storie, piccole, quotidiane. Storie che risentono dello spirito di espatriato che sempre lo aiuterà a cogliere con ironia il senso di vuoto che accompagna il “sogno americano”. “Eravamo senza identità”, dice ripensando agli anni a Kingston in Giamaica quando studiava al college sul modello di quelli dei vecchi padroni coloniali inglesi. Simili a quei college ma "tranne per il fatto che non potremmo mai essere veramente inglesi, quindi ci sentivamo delle pallide copie carbone".


"È complicato essere americano", ha scritto Louis Simpson nella poesia "On the Lawn at the Villa". "Avere i soldi e la cattiva coscienza, entrambi allo stesso tempo. Forse, dopotutto, questo non è il soggetto giusto per una poesia.”


Le storie sono vere, di gente comune, come nella migliore tradizione dei poeti delle due coste negli anni Venti del Novecento, quelli della generazione poetica precedente. Lo si paragona a un Checov moderno e metropolitano, proprio per la caratteristica di cogliere i particolari della vita e restituirli con versi capaci di suscitare emozione e partecipazione. “Non avevo intenzione di diventare un poeta.”, dice nel 1965 in un’intervista al New York Times Magazine “Volevo raccontare storie. È stato naturale come giocare”.


Louis Simpson riesce in pochi versi a descrivere il senso della sua poesia. In American Poetry scrive: “Qualunque cosa sia, deve avere/Uno stomaco che può digerire/Gomma, carbone, uranio, lune, poesie./Come lo squalo, contiene una scarpa./Deve nuotare per miglia nel deserto/Emettendo grida quasi umane”.


Come scrive il poeta Seamus Heaney: "Louis Simpson ha un tono perfetto. Le sue poesie ci conquistano prima con il loro dramma, i loro modi di esprimere i nostri modi... di accontentarci delle nostre vite. Poi la sua intelligenza ci induce sull'orlo di una scogliera di solitudine e ci addentriamo nell'elemento vivace della vera poesia".


Nel 1964, il 5 maggio gli viene assegnato il prestigioso Premio Pulitzer per la Poesia con la sua raccolta "Alla fine della strada aperta” dove riesce in pochi versi a illustrare la sua visione dell’uomo medio americano, come "In the Suburbs":


Non c'è via d'uscita./Sei nato per sprecare la tua vita./Sei nato in questa vita di classe media/Come altri prima di te/Sono nati per camminare in processione/Al tempio, cantando.


William Matthews ha scritto: "Se Cechov fosse un poeta americano vivo ora, le sue poesie gentili e strazianti si leggerebbero come queste, e come queste si diffonderebbero lentamente, quasi a malincuore, ma certamente, la loro feroce ed equilibrata compassione".


A noi piace seguire Louis Simpson, quando cerca le tracce di Walt Whitman, e la speranza di un America che non c’è più né come sogno e né come speranza. Ma ovunque in qualunque stato, in qualunque momento ci troviamo, possiamo non cedere al pessimismo e armarci di quella cosa che Eugène Pottier, artigiano, poeta della Comune di Parigi e autore dell’internazionale, aveva spiegato come “Cogliere il tutto che sta dappertutto” e magari come scriveva Simpson:


una radura nell'ombra e sopra di essa, stelle e costellazioni così luminose e fitte che sembrano frusciare. E oltre a loro - spazio infinito, eternità, lo chiami.

bottom of page