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GIORNO PER GIORNO 30 aprile - Bristol Bus Boycott

30 aprile 1963

Bristol bus boycott



“L’opinione pubblica percepiva noi neri caraibici come gente nata sotto il dominio inglese, non come schiavi”, racconta Joyce Morris-Wisdom, nel 1963 studentessa a Bristol in prima fila nella lotta contro le discriminazioni razziali. La differenza con gli Stati Uniti stava in quello: i non bianchi non erano figli e nipoti di schiavi, ma “solo” gente colonizzata, nata sotto dominio. La sostanza era la stessa. Agli inizi degli anni Sessanta erano arrivati nelle città inglesi migliaia di persone provenienti dalle vecchie colonie che si aggiungevano a quelli provenienti dall’India e dall’Asia in genere. Ovunque per loro i lavori peggiori, precari, più nocivi e mal pagati. A Bristol non ci sono autisti di pullman non bianchi. Esiste di fatto uno sbarramento un “colour bar” che nega l’assunzione di persone non bianche.


Negli anni Cinquanta e sino ai primi Sessanta pochi eventi avevano avuto una circolazione così diffusa come il boicottaggio dei bus a Montgomery in Alabama del 1955 e 1956. Il movimento contro la segregazione razziale, ispirato dal gesto dell’attivista afroamericana Rosa Parks, arrestata per aver occupato un posto a sedere riservato ai bianchi, aveva promosso un boicottaggio dei bus da parte della comunità nera. Un’azione che aveva coinvolto l’intera popolazione afroamericana della città e della zona, disposta a muoversi a piedi per un anno e mezzo sino a vincere la battaglia e abbattere il privilegio bianco e la segregazione.

Il boicottaggio degli autobus entrava nella Storia (e a breve anche nei libri) e si diffondeva attraverso le storie. La storia era stata raccontata in mille maniere, era cresciuta dentro e durante la lotta e ancora di più dopo la vittoria. Giornali e pubblicazioni varie, riviste, canzoni, ballate: quelli di Montgomery erano arrivati dappertutto.


Anche a Bristol, Regno Unito.


La Bristol Omnibus Company era stata nazionalizzata e passata sotto il controllo dello stato, aveva carenze nell’organico ma non assumeva guidatori neri. L’azienda dei trasporti nega l’esistenza di un protocollo che lo vieti o un accordo con il sindacato dei lavoratori del trasporto (TGWU) da cui è sempre venuto un disaccordo per una loro assunzione. Opposizione riassunta nella stupidissima battuta ricordata da Andrew Hake, curatore della Bristol Industrial Mission, "Il TGWU della città aveva detto che se un uomo di colore fosse salito in cabina come conducente, ogni ruota si sarebbe bloccata".


Quattro giovani dell'India occidentale, Roy Hackett, Owen Henry, Audley Evans e Prince Brown, formarono un gruppo d'azione, che in seguito sarebbe stato chiamato West Indian Development Council, si rivolsero a un giovane insegnante delle scuole serali, Paul Stephenson nato nell’Essex da genitori dell’Africa occidentale, che conosce bene la storia di Rosa Parks e del boicottaggio di Montgomery. Parla insieme coi suoi studenti, e insieme ne parlano nei quartieri abitati dalla comunità nera, caraibica e indiana. Con uno studente, operaio magazziniere, decide di fare domanda di colloquio per assunzione. Una volta ottenuto l’appuntamento veniva notificato all’azienda l’origine caraibica del ragazzo, provocando l’immediato annullamento del colloquio.


Il gruppo dei giovani attivisti delle Indie occidentali sanno di avere contro l’opinione pubblica, da anni imbevuta di preconcetti e paure, sanno che anche il sindacato è contrario a un’apertura alla loro assunzione. Quelli del sindacato non ragionano secondo i termini per cui la classe lavoratrice per vincere deve essere sempre o comunque unita e hanno paura che le assunzioni di immigrati possa diventare un’arma in mano alla direzione per tenere bassi i salari.

In una conferenza stampa il 29 aprile gli attivisti del West Indian Development Council annunciano per il giorno successivo l’inizio del boicottaggio: nessuno nero o indiano salirà più su un bus fino al momento in cui l’azienda non cambierà la sua politica di assunzioni. Si invita la città ad aderire. Il 30 aprile l’azione ha successo ed intanto si prepara un’altra serie di iniziative. Uno dei due giornali locali pone l’imbarazzante domanda: perché il Partito laburista della città, come quello nazionale, ha preso posizione contro l’apartheid in Sudafrica ma in casa propria non condanna la discriminazione razziale di un’azienda controllata dallo Stato? Il parlamentare locale laburista e il leader nazionale (allora all’opposizione) Harold Wilson avevano risposto chiedendo che l’azienda eliminasse ogni discriminazione. E così anche un assessore laburista al governo della città che però veniva sconfessato dal resto dei consiglieri. Anche le Chiese avevano esortato a non proseguire con proteste che potevano compromettere le relazioni interetniche.


Tutti contro. Arrivano gli studenti universitari e altri dalle scuole. Non tanti, anche un po’impauriti, sicuramente decisi, hanno cartelli e gridano slogan per l’eguaglianza nel lavoro e nella società. “Avevo in mano un cartello ‘FINE RAZZISMO SUGLI AUTOBUS’ - racconta la giovane studentessa caraibica Joyce Morris-Wisdom – c’era un poliziotto in sella a cavallo alla mia destra e Paul Stephenson e gli altri alla mia sinistra e al centro. Mi sono sentita spaventata e intimidita anche se la marcia è stata pacifica, perché la folla e gli spettatori erano ostili e non ero sicura di come e cosa avrebbe fatto la Polizia se ci avrebbe protetto se fossimo stati attaccati. Ho anche pensato a cosa avrei fatto, correre, stare ferma o rifugiarmi presso gli anziani. Non avevo idea di quale sarebbe stata la migliore idea, cosa fare e quale sarebbe stato il risultato”.


Intorno a loro poca solidarietà e molti insulti. Ma per smuovere qualcosa bisogna pure iniziare.


E qualcosa si muove, il caso diventa nazionale, la stampa locale si divide, e i promotori della protesta non desistono, e continuano giorno dopo giorno, mese dopo mese, del resto a Montgomery, in Alabama ci hanno messo quasi due anni per ottenere la vittoria.



Il 27 agosto il sindacato del trasporto (TGWU) davanti a 500 lavoratori dichiara di voler abolire qualunque discriminazione per le assunzioni. Il giorno dopo l’amministratore della Bristol Omnibus Company annunciava la possibilità per chiunque di essere assunto come conducente.


Era il 28 agosto del 1963, lo stesso giorno in cui a Washington dopo la grande manifestazione per i diritti civili, davanti alla folla, davanti alla Casa Bianca, Martin Luther King aveva pronunciato “I have a dream”.


A Bristol il 17 settembre dello stesso anno entrò in servizio il primo conducente non bianco, Raghibir Singh, un sikh britannico-asiatico, e in seguito altri di origine caraibica.


Nel 1965, il parlamento del Regno Unito ha approvato un Race Relations Act, che ha reso "la discriminazione razziale illegale nei luoghi pubblici". Ad anni di distanza, così ricorda la lotta di quei mesi Joyce Morris-Wisdom: “mi sentivo orgogliosa ed entusiasta di essere stata in grado di svolgere un simile compito, per me e per la comunità, e felicissima di aver tenuto i miei nervi saldi e di aver preso parte a qualcosa di così pacifico, ma che ha cambiato il corso della storia non solo per noi come caraibici africani ma per i nostri figli e futuri immigrati non bianchi”.


Alla protesta e al boicottaggio dei bus è stato riconosciuto il merito di aver reso improrogabile l’intervento del governo e la legislazione contro le discriminazioni, come scrisse il quotidiano The Indipendent: "Pochi dubbi sul fatto che senza gli sforzi di Stephenson sarebbe stato difficile per il governo laburista di Harold Wilson introdurre le prime leggi anti-discriminazione della Gran Bretagna" Ai promotori della protesta a distanza di decenni è stata conferita l’OBE, la massima onorificenza al valore civile. Il sindacato ha chiesto pubblicamente scusa per la sua condotta, che il segretario del sindacato trasportatori definì " completamente inaccettabile”, aggiungendo, “Posso ben comprendere il senso di ingiustizia e il dolore che è stato provato a causa [di] quello che è successo a Bristol tanti anni fa ".

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