GIORNO PER GIORNO 3 marzo
- Andrea Colombu
- 3 mar 2021
- Tempo di lettura: 9 min
Storie della Beat Generation, della Controcultura e altro
3 marzo 1998
Orazione funebre per il poeta Jack Micheline, morto il 27 febbraio partecipano Jack Hirshman, John McClure, Gerry Nicosia, Neeli Cherkovski e decine di altri poeti.

Mi dicono che sono famoso, come i biscotti Jerome/Strade, poesie, manicomi, prigioni, dipinti, truffatori e tempo/I miei vent'anni di poesie e dipinti /immagazzinati in case e cantine/implacabile con rabbia e amore/Rifletto sulla vita e sul mondo che mi circonda (Jack Micheline, da Inseguendo l’ombra di Jack Kerouac)
Jack Micheline era morto mentre viaggiava su un treno BART (Bay Area Rapid Transit) di San Francisco il 27 febbraio 1998 per infarto. Se proprio si volesse cercare un senso o anche solo un segnale per capire il senso della vita, potremmo pensare a un suo finale scelto nel momento in cui aveva deciso di cambiare il suo nome. Era nato nell'East Bronx, New York il 6 novembre 1929, come Harold Martin Silver, così gracile che ben presto in famiglia decisero di chiamarlo Harvey, perché capace di sconfiggere l’angelo della morte. Ma Harvey adolescente in perenne dissidio col padre, cambia ancora il suo nome in "Jack" in onore dello scrittore vagabondo e socialista Jack London, e "Micheline" estrapolando dal nome da nubile di sua madre, Helen Mitchell. Studente autodidatta, disordinato amante della lettura, della poesia e del disegno era stato attratto dalla tradizione dei poeti vagabondi americani come Vachel Lindsay e Maxwell Bodenheim. Forse per questo negli anni Cinquanta si era trasferito al Greenwich Village, per trovare uno sbocco per la sua poesia.
La sua prima raccolta di poesie, pubblicate da Troubadour Press nel 1957 ha la prefazione di Jack Kerouac, di cui era diventato amico, dove scrive: “lo stile libero e oscillante che mi piace e le sue linee dolci fanno rivivere la poesia dell'aperta speranza in America” e definisce Jack Micheline un "Doctor Johnson, Zen Master, Magee of Innisfree", giocando di assonanze con il titolo di un famoso poema Yeats' "in us free", a significare lo spirito di libertà che animava il poeta e la sua opera. L’anno successivo sulla rivista Exquire di settembre è addirittura Dorothy Parker, poetessa, scrittrice e caustica giornalista dalla penna implacabile a recensire il suo nuovo libro River of Red Wine.

Troppo street poet, sweet suburbia, per sentirsi parte di qualunque scena, a New York, come a San Francisco dove andrà a vivere negli anni Sessanta: rifiutava l’etichetta Beat, che definiva una costruzione giornalistica e quella di San Francisco Renaissance. Amava scrivere, spesso si stampava e distribuiva da solo le sue raccolte, amava dialogare sul palco con gli strumenti come un qualunque elemento di un combo jazz. Amava disegnare e fu molto influenzato come pittore dal famoso espressionista astratto Franz Kline, da cui aveva ricevuto attenzione e sostegno economico per dedicarsi con impegno alla pittura. Nel 1961, Kline finanziò con ben 3.200 dollari il viaggio di Micheline in Messico per esplorare ulteriormente le sue aspirazioni artistiche e conoscere alcuni aspetti della tradizione artistica e popolare dell’America Latina. In quel periodo sviluppò una sensibilità rivolta all’immagine primitiva, ai segni infantili, alla comunicazione emotiva.

Nel 1968 John Bryan, l'editore di Open City (un giornale underground di Los Angeles) fu arrestato e accusato di oscenità per aver stampato il racconto di Micheline, "Skinny Dynamite". Molti scrittori, tra cui Allen Ginsberg e Hubert Selby Jr., scrissero lettere di sostegno per difendere i meriti letterari di questa scrittura controversa. Il caso è stato infine archiviato grazie all'assistenza legale dell'avvocato per i diritti civili Stanley Fleischman.
Pochi giorni dopo la sua morte, una comunità di poeti e scrittori si muove per rendergli omaggio. Jack Micheline aveva amici da una costa all’altra, tra i tanti lo scrittore e giornalista Bob Kaufman che fa una cronaca personale della cerimonia: “Mentre entri in questa piccola chiesa funky nell'amato Mission District di Jack Micheline, il suo cappello verde è ben visibile. È una notte per i personaggi in cappello per rendere omaggio al più grande personaggio di tutti loro: un servizio commemorativo di San Francisco per il defunto poeta beat Jack Micheline. La folla di gente colorata che si riunisce ha costretto alcuni di noi a sedersi a lato del vecchio palco consumato. Ecco il vecchio poeta barbuto George Tsongas con un cappello da cowboy Bart nero alla mia sinistra e il cronista Beat e biografo di Bukowski Neeli Cherkovski in un intelligente tam o 'shanter alla mia destra. E ora qui in un cappello fedora a tesa avara arriva Alfonso Texidor, quel poeta da caffè azzimato e sconsiderato di fama sfilacciata, zoppicando per pizzicarmi la guancia e parcheggiare il suo culo magro nell'ultimo spazio disponibile. Siamo tutti qui, tutti i maniaci del suicidio della scena poetica di San Francisco, con i pezzi delle orecchie dell'altro ancora conficcati tra i nostri denti da lupo: Jack Hirschman, Gerry Nicosia, Herb Gold, Harold Norse, QR Hand, Bruce Isaacson , appena arrivato dal Nevada, e ora, per aver gridato forte, Michael McClure appena entrato, si è abbassato umilmente a terra e ha immediatamente inviato diversi segnali a Kush , l'organizzatore di stasera, per saltare il suo nome davanti ai peones nell'elenco delle iscrizioni. Nella zona della reception al piano di sotto, i video ringhianti di Jack che piange verso un sax stridulo intrattengono e gli attaccabrighe a cui davvero non frega niente di un vecchio poeta beat gracchiante: sono qui per uno spuntino gratuito. In qualche modo, si sente che a Jack sarebbero piaciute di più queste persone. Almeno sono più reali della gente famosa e falsa venuta a farsi vedere, gente che una volta gli passò accanto senza calcolarlo, quando era vivo, al verde, mentre affamato vendeva i suoi libri da tre dollari sotto la pioggia sotto il tendone del cinema Roxie, intorno all’angolo sulla Sedicesima Strada. Ormai, circa trecento persone hanno riempito la sala al piano di sopra. Jack avrebbe potuto vendere molti libri stasera”.

Kursh, maestro della cerimonia, salmodia come se questa volta il vento piangesse Jack, Ken Kesey, da sempre intimo amico di Jack è in ospedale per un ictus, ma vuole esserci con un messaggio. Ferlinghetti non c’è ma la libreria manda un ricordo. Un sax ricorda le note che accompagnavano i reading furiosi di Jack. Poi una processione di interventi, un po’ di routine, e poi come Bob Kaufman racconta: “Presto toccherà a noi prolet minori, noi che in realtà veramente lo abbiamo conosciuto, ci abbiamo suonato e pubblicato insieme. Ed è Jack Hirschman, quell'attivista/poeta di strada senza compromessi, che fa cadere la casa con uno dei più magnifici elogi che abbia mai sentito. Rifiutando il microfono e rifiutando la telecamera, si avvicina al bordo del palco, si sporge nello spazio e, nel suo prepotente accento del Bronx, scaglia un cocktail in versi Molotov di elegiaco amore furioso che fa alzare in piedi la folla esultante”.
Nella sua vita Jack Micheline si era sempre e solo considerato un poeta di strada, per questo gli veniva naturale essere parte di quanti si opponevano alle politiche governative di ordinario razzismo e discriminazione sociale, a ogni tentativo di omologazione culturale e censura, si è identificato con i diseredati e gli oppressi incontrati nei suoi viaggi e ha imparato ad amare i suoni del jazz e la liberazione della pittura e della poesia. Come aveva affermato lo scrittore e critico Gerry Nicosia “si muoveva per scoprire la bellezza sotto le bugie con cui gli uomini l'avevano mascherata”.
Di lui hanno detto “Il suo lavoro possiede un ritmo e una rima naturali che si connettono con un pubblico che ha poco interesse e contatto con le arti”.
Un bambino cammina in un sogno/I suoi occhi danzano nella notte delle stelle/Un giorno, quando la luna sarà piena/gli zingari tornano a casa/torneranno a casa per sempre/e tutte le barche che non hanno mai navigato navigheranno per sempre/e tutti i fiori che non sono cresciuti sbocceranno per sempre/Un bambino cammina in un sogno/e tutte le stelle che non hanno brillato brilleranno per sempre/e tutti i bambini che non sapevano ballare balleranno per sempre/Un bambino cammina in un sogno
POEM FOR THE CHILDREN OF THE WORLD
Jack Micheline e Bob Kaufman Speeks Bar, San Francisco, California, 1979
altre info: http://www.jack-micheline.com/default.htm
3 marzo 1968
Il poeta Ray Bremser registra il poema Blood a New York il 3 marzo 1968 a cura dello scrittore, traduttore ed editore tedesco Carl Weissner che verrà pubblicata da Cold Turkey/Klacto/Sea Urchin nel CD di poesie "12 Great Americans" nel 2006

Ray Bremser, era nato a Jersey City nel 1934 e la sua scuola di poesia era stato il carcere. Rinchiuso al Bordentown Reformatory per rapina a mano armata all’età di 19 anni, era stato condannato a una pena di sei anni. Lì aveva completato la scuola superiore, incontrato la letteratura e la scrittura. Le sue poesie escono del carcere indirizzate a Gregory Corso e ad Allen Ginsberg, con cui terrà amicizia e collaborazione dopo il rilascio nel 1958. Una vita travagliata, un blues continuo fatto di fughe, arresti ingiustificati, arresti giustificati per il ritrovamento di una canna in tasca, fughe oltre il confine messicano per sfuggire agli obblighi di residenza e/o arresti domiciliari e sorveglianza speciale. Un copione fatto di atti smarriti, ricorsi mancati, avvocati smemorati, disguidi giudiziari da far sembrare la sua biografia una surrealistica trama o un ripetuto incubo kafkiano.

Sempre in fuga e sempre con Brenda Bonnie Frazer a fianco, l’indomita scrittrice e poetessa e grande amore, conosciuta durante un reading nel 1959. Il tutto intervallato dalla pubblicazione delle sue raccolte poetiche, dalle collaborazioni con il Leaving Theatre e i reading con altri poeti e musicisti.
Lo scrittore Mikhail Horowitz così lo descrive: Aveva radici profonde nei zona montuosa dei Catskills, in particolare in Rosendale, un piccolo paradiso per Beats, neo-Beats e vagabondi bohemiens, nascosto tra le stanche acque del Rondout e le dure scogliere del Joppenbergh. Vi arrivò intorno al 1974 dopo un periodo presso la fattoria di Allen Ginsberg a Cherry Valley; prima di allora, il suo itinerario includeva soste a New York City, Guatemala, Messico, le prigioni statali di Rahway e Trenton, il Riformatorio di Bordentown e la sua amata città natale di Jersey City, la capitale del Garden State per la produzione di preservativi. Lungo la strada, ha condiviso un pad con il grande batterista jazz Elvin Jones, si è sballato con John Coltrane, ha vinto il plauso come voce in buona fede degli East Coast Beats, ha ispirato un giovane cantante folk alla moda (vedi le note di copertina di Another Side of Bob Dylan), e rimase sempre fedele al suo sé spaccone, burbero, malizioso, affascinante, irascibile, arrapato e chiacchierone. Per quelli di noi che lo conoscevano, quell'io poteva essere tenero e generoso come lo era, in altre occasioni, corrosivo ed esigente; la prigione, la droga e l'alcol avevano certamente lasciato le loro varie abrasioni sul corpo e sull'anima di Ray, ma c'era sempre un posto in lui che sembrava miracolosamente immacolato; da qui le ricorrenti testimonianze della sua "santità" da parte di amici e conoscenti. Era particolarmente generoso con i giovani poeti, incoraggiando e prestando il suo leggendario orecchio, un organo minuziosamente in sintonia con i colori e la miriade di ritmi del jazz verbale”.

Allen Ginsberg, nella prefazione al suo libro The Poems of Madness aveva scritto: "Nella poesia Bremser abbiamo un linguaggio potente e curioso, fraseggi a manovella, movimento ritmico che si muove in avanti nelle sezioni fino all'apice del sentimento. L'immaginazione si sposta dentro e fuori da luoghi conosciuti nello spazio e nel tempo, linguaggio primitivo americano, linguaggio carcerario, e drammatizza idee chiave: empatia personale con l'Egitto e un approccio Pop Art agli archetipi platonici. Dov'è la verità in questo? La verità qui è l'espressione realizzata della consapevolezza emotiva. Poesie, un'articolazione ritmica del sentimento, vocalizzata fisiologia emotiva. Ora il suonatore di cornamusa ha suonato, ma non ha avuto ricompense umane nella sua America - quindi si scatena, canta in modo disumano… Ci vuole un certo genio. Ma la vera misura dell'ispirazione è l'apertura del respiro bardico e l'invocazione del potere ritmico dal petto per il volo prolungato della proclamazione che culmina in The Poems of madness.

Nel febbraio 1995 Ray Bremser era tornato a New York dopo otto anni di assenza per partecipare al progetto di Allen Ginsberg Rainbow Body Reading Series e poi proseguire con un reading nel tempio della poesia newyorchese St Mark’s Church. Un tour de force per i due poeti che si conclude il giorno dopo con una doppia lettura al jazz club Village Vanguard, per le celebrazioni del sessantesimo anniversario dell’inaugurazione del locale che aveva ospitato i massimi musicisti jazz e dove più di sessanta dischi erano stati registrati live, da Bill Evans a John Coltrane a Wynton Marsalis. Una maniera incredibile per festeggiare contemporaneamente il sessantunesimo compleanno di Ray, nato il 22 febbraio del 1934 a Jersey City, la cui poesia era fatta dello stesso ritmo, della stessa forza di improvvisazione, della stessa inventiva sonora delle note di Thelonius Monk, John Coltrane, Cecil Taylor.

"Forse andrò in letargo / per il prossimo mezzo secolo / o rimarrò in piedi / mummificato questi / i prossimi diecimila anni", scrisse in Born Again , una delle sue ultime poesie. " Forse tornerò / come uno yak / con un mal di schiena / e un sacroiliaco slogato, / incazzato / sull'Annapurna! ... / forse nessuno vuole / vedermi tornare / per niente! / ... solo io sono / incorreggibile, / e tornerò, rinascerò ... / lo sono sempre, tornerò ......
le sue poesie si possono leggere qui:
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