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GIORNO PER GIORNO 3 luglio - Una storia di Boris Vian

3 luglio 1949

Il romanzo di Boris Vian Sputerò sulle vostre tombe viene proibito e ritirato dalla circolazione per decisione ministeriale.



“Aveva in testa troppi pregiudizi, di bontà e di fede, ed era la sua onestà a fregarlo. Pensava che a far bene si raccoglie bene, ma questo non succede quasi mai.”


Artista eclettico, autore di teatro, sceneggiatore, romanziere, poeta, trombettista jazz,compositore, cantante, grande animatore dell’Accademia di Patafisica con retaggi dada e surrealisti, Boris Vian un po’ per gioco, un po’ per irridere l’amore dei francesi per la letteratura americana, scommette prima con l’editore Jean D’Halluin e poi con lo scrittore Raymond Queneau, di essere in grado di scrivere un romanzo hard boiled, come un americano, con lo stesso stile, linguaggio ma estremizzandone persino i temi e i toni, la violenza, gli stereotipi di sesso e violenza.


In due settimane è pronto il romanzo la cui impronta sta già nel titolo, J’irai cracher sur vos tombes, Sputerò sulle vostre tombe. Un romanzo nero, cupo, violento, esagerato nelle estremizzazioni del genere che firma con lo pseudonimo di Vernon Sullivan, prendendo in prestito il nome di un amico musicista e il cognome del pianista jazz Joe Sulliivan, riservando ufficialmente a sé stesso il ruolo di traduttore.


Nel libro c’è tutta la ripugnanza che Vian prova per la produzione di consumo proveniente dagli Stati Uniti, quanto per quella di autori più titolati come Henry Miller, il sensazionalismo americano e il successo che riscuotevano in Francia.

Così si inventa una storia ambientata in un’America ricca e provinciale, tra le cittadine dai nomi di fantasia, Buckton e Prixville e un protagonista Lee Anderson, un afroamericano dalla pelle chiara che, dopo la morte del fratello, ucciso per mano di due bianchi, gestisce una libreria e frequenta la razzistissima crema della società bianca, seducendo una dopo l’altra tutte le adolescenti, in un ambiente tutto feste, whisky e sesso, dove nessuno sospetta del suo “ottavo di sangue nero”. “Quella sera mi sono guardato allo specchio e mi sono messo a ridere, a mia volta. Con quei capelli biondi, pelle bianca e rosa, non rischiavo proprio nulla. Li avrei fregati tutti.”


La prima parte del romanzo poggia su uno sguardo impietoso sull’opulenza e sull’ipocrisia della società americana, il razzismo e la supposta supremazia bianca. La seconda è più d’azione e violenta, retta dall’ossessione vendicatrice di Anderson che fa innamorare di sé due straricche sorelle adolescenti in competizione tra loro per possederlo , arrivando poi per uccidere entrambe e infine arrestato e impiccato. Una storia crudele che va per accumulo di situazioni sempre più caratterizzate da cattivi sentimenti e rabbia angosciante che tormentano e avvinghiano il lettore.


“Quelli del villaggio lo impiccarono comunque perché era un negro. Sotto ai pantaloni il suo basso ventre formava ancora un bozzo derisorio.”


Il romanzo, un successo immediato con 122 mila copie vendute in una settimana, suscita polemiche prevedibili e richieste di censura. Daniel Parker direttore di un’associazione dedita al controllo dei pericoli della morale altrui, arriva a denunciare d’Halluin, la cui casa editrice Edition du Scorpion, nel frattempo ha pubblicato altri tre romanzi firmati da Vernon Sullivan. Il libro viene sequestrato per oscenità e offesa alla morale. Durante il processo Boris Vian ammette di essere lui l’autore e multato di 100.000 franchi.


La carriera come romanziere di Vian pare finita e la sua stella spegnersi, vista la distanza che tutti i circoli letterari pensano di frapporre con uno scrittore considerato volgare e osceno. La critica si accanisce contro di lui, ma tutti dovranno fare i conti con lui, come chansonnier, animatore delle serate jazz al locale notturno Le Tabou e della vita notturna della Rive Gauche degli anni Cinquanta.


“Distruggono il mondo | In pezzi | Distruggono il mondo | A colpi di martello | Ma non mi importa | Non mi importa davvero | Ne rimane abbastanza per me | Ne rimane abbastanza | Basta che io ami | Una piuma azzurra | Una pista di sabbia | Un uccello pauroso | Basta che io ami | Un filo d'erba sottile | Una goccia di rigiada | Un grillo di bosco | Possono rompere il mondo | In frantumi | Ne rimane abbastanza per me”


A St. Germain des Prés giravano intorno a lui e al suo ambiente i tanti artisti , scrittori e registi americani, come Orson Welles, Laureen Bacall e Humphrey Bogart e tutte le migliori menti della Francia, Simone de Bouvoir e Sartre, Cocteau e Jean Marais, Juliette Gréco e Anne-Marie Cazalis, Raymond Queneau e Jacques Prevert (con cui condivise per anni un appartamento).


Vian, autore del celebratissimo Le diserteur, inno contro la guerra scritto dopo la sconfitta francese in Indocina a Dien Bien Phu, non ha mai sconfessato Vernon Sullivan, non ha mai sputato sopra i suoi americanissimi romanzi. Dieci anni quasi esatti dopo il sequestro del libro, il 23 giugno del 1959, c’ è la proiezi0one privata del film che Michel Gast ha ricavato dal romanzo. Vian in un primo momento aveva collaborato alla sceneggiatura per poi allontanarsene in corso d’opera per avvenute divergenze col regista e ritirando la firma dai titoli di coda. Durante la proiezione muore.



Nicole Bertolt, amica di Ursula Kubler, moglie di Boris Vian, autrice di varie opere su di lui, appartenente anche lei all’Accademia di Patafisica (la Scienza delle soluzioni impossibili) e curatrice dell’intero lascito artistico dello scrittore, in un’intervista a Massimo De Feo su “il manifesto” del 10 dicembre 2016 racconta di quella sera della proiezione del film: “Una pellicola che ha fatto soffrire parecchio Vian tanto che e’ morto alla prima. Ma, e’ bene sottolinearlo, non e’ morto solo a causa del film, e’ morto anche perché era malato, era stanco, non ne poteva più, e forse anche perché non riusciva più a trovare in se stesso nuove fonti di energia al passo coi tempi…si era all’inizio degli anni ’60, un periodo di enormi cambiamenti… (..)Vian era seduto nel cinema accanto a degli amici, uno è ancora vivo e ha assistito alla morte di Boris Vian. E’ Alain Goraguer, Gogo, compositore, jazzista, suonava con Vian e poi con Serge Gainsbourg, e c’era pure Eddie Barclay, è lui che ha portato in Francia i primi dischi a 33 giri, era un amico di Charlie Parker… e dunque c’era Eddie alla sua destra e Gogo alla sua sinistra e Boris Vian era esasperato ‘ma e’ una cacata!, questo film non ha niente a che vedere col mio romanzo…’ era in collera e poi è come soffocato – ha avuto quello che si chiama un edema polmonare – ed è crollato per terra. Non è morto subito ma durante il trasporto in ospedale.”


E, come Boris Vian aveva scritto: “Morirò un poco, molto, | Senza passione, ma con interesse | E poi quando tutto sarà finito | Morirò.”

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