top of page

GIORNO PER GIORNO 26 marzo - Man Ray, surrealista d’elezione

26 marzo 1926

 

Man Ray, surrealista d’elezione

Con la mostra Man Ray et Objects des Iles apre a Parigi la Galerie Surréaliste, fondata da André Breton allo scopo di offrire uno spazio espositivo agli artisti rifiutati dal circuito esistente.




La mostra accoglie una ventina di opere di Man Ray affiancate ad oggetti e sculture provenienti dall’Oceania e dai mari del sud appartenenti alle collezioni di diversi membri della cerchia surrealista, tra cui lo stesso Breton, Paul Éluard e Louis Aragon. La copertina del catalogo presenta La lune brille sur l’Ile Nias, una fotografia di Man Ray in cui le qualità spirituali e mistiche della scultura vengono drammatizzate dalla tecnica fotografica con precise scelte compositive e di illuminazione che le conferiscono un surreale effetto mistico e straniante.





La scelta di mettere in mostra questi artefatti corrisponde ad uno dei precetti base della poetica surrealista: il rifiuto dei valori occidentali che, in nome di una presunta civilizzazione, avevano appena prodotto il folle massacro che fu la prima guerra mondiale. Il primo Manifesto Surrealista pubblicato nel 1924 afferma che il Surrealismo è “automatismo psichico puro attraverso il quale ci si propone di esprimere con la parola o la scrittura o in altro modo, il reale funzionamento del pensiero. Comando del pensiero in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale”. Gli oggetti rituali presentati alla Galerie Surréaliste facevano appello ad una forza evocativa misteriosa e irrazionale celebrata in opposizione alle gerarchie della tradizione del razionalismo occidentale, in affinità col richiamo surrealista per il mito, per l’occulto, per l’animismo e per la dimensione onirica in grado di far emergere l’inconscio collettivo.


Man Ray, Scacchiera Surrealista (1934)



Per l’inaugurazione della sua galleria Breton aveva scelto Man Ray, l’artista americano arrivato a Parigi nel 1921 da New York, dove insieme all’amico Marcel Duchamp aveva dato vita alla versione statuinitense del dadaismo con opere pittoriche, grafiche e scultoree di grande impatto innovatore. Si era affermato in campo fotografico con i suoi rayogrammes, fotografie ottenute senza macchina fotografica ma appoggiando oggetti su carta fotosensibile ed esponendoli alla luce. Le immagini ottenute sono veri e propri disegni di luce, come ombre che espongono il lato misterioso delle cose d’uso quotidiano. Il suo originale utilizzo dell’illuminazione, della messa a fuoco e della composizione aveva contribuito enormemente a liberare la fotografia dalla sua supposta funzione di documento oggettivo della realtà. Per adibire la fotografia a fini diversi da quello documentario e utilizzarla come mezzo di esplorazione rivelatorio dell’interiorità onirica e inconscia ci voleva un perfetto tecnico del mezzo: “Man Ray ha avuto la fortuna di essere quest’uomo” dichiara nel 1928 lo stesso Breton. Come certificato dalle opere di Man Ray, il linguaggio fotografico consentiva di alterare e reinterpretare il soggetto con effetti inquietanti e ultraterreni che sono tipici del modo di rappresentazione surrealista.


Tra le varie opere esposte c’erano anche esempi di ready-made, le sculture dadaiste nate dal rivoluzionario Urinoir di Marchel Duchamp, l’orinatoio rovesciato provocatoriamente proposto ad una selezione di opere d’arte per una mostra nel 1917. Assemblati con disparati oggetti di uso quotidiano, i ready-made avevano una carica iconoclasta senza precedenti nel mondo dell’arte e fornirono il modello per quelle opere che i surrealisti chiamano oggetti a funzionamento simbolico. Sono opere che, con i loro titoli spesso incongruenti, con i loro accostamenti apparentemente insensati di cose, spingono l’osservatore ad un’operazione di decodifica con risultati spiazzanti e mai del tutto risolti, come nel caso di Catherine Barometer, realizzata da Man Ray nel 1920 ed esposta all’inaugurazione della Galerie Surrealiste. Per realizzarla l’artista ha utilizzato un asse per lavare a cui sono montati un tubo di vetro e delle strisce di legno colorate e che reca l’etichetta ‘shake well before using’ (agitare bene prima dell’uso). Si ritiene che Man Ray volesse così ritrarre Katherine Sophie Dreier, l’artista e patrona delle arti americana con cui insieme a Duchamp aveva fondato a New York nel 1920 la Société Anonyme allo scopo di promuovere l’arte moderna. In questo ritratto simbolico Man Ray gioca con l’assonanza del cognome della donna con la parola dryer (asciugatore); la sua personificazione come barometro e l’etichetta farebbero riferimento alla volatilità delle sue scelte artistiche, che porterà Man Ray ad abbandonarne la cerchia nel 1921. C’è qui tutta l’ironica, intelligente irriverenza dadaista.



Rispetto all’amico Marcel Duchamp, a cui spesso bastava solo la scelta del titolo per trasformare un oggetto in un’opera sovversiva, Man Ray dichiarò: “Io ho bisogno di più di un fattore, almeno due. Due fattori che non siano connessi in alcun modo. L’atto creativo si fonda per me nell’accoppiamento di questi due fattori diversi al fine di produrre qualcosa di nuovo, che potrebbe essere designato come una poesia plastica”. La sua poetica che faceva ricorso a processi associativi liberi e slegati dalla logica, lo rese immediatamente un favorito del nascente movimento surrealista.


Puericulture (1924), esposta alla mostra del 1926, sembra assecondare la proposta di André Breton di fabbricare gli oggetti apparsi in sogno per conferirgli lo stato di realtà palpabile. Si tratta di una lattina dalla quale fuoriesce una mano di gesso e in un’intervista Man Ray ebbe modo di riferire della frequenza con cui sognava mani: “sogno spesso mani...una volta ho sognato che mentre camminavo delle mani uscivano dalla strada e dovetti districarmi per attraversarle”. In un’altra occasione raccontò di un sogno nel quale una pianta che fuoriusciva da terra aveva la graziosa apparenza della mano di un bambino. Il sogno come momento rivelatorio e la valenza essenziale della dimensione onirica sono principi cardine della poetica surrealista.



Man Ray non aderì mai formalmente al Surrealismo, ma il suo contributo fu immenso, con i suoi ready-made che precorrono gli oggetti simbolici realizzati dagli artisti surrealisti, con il suo ruolo pioneristico nell’utilizzo del mezzo fotografico come mezzo espressivo non oggettivo e anche con i suoi esperimenti nel cinema d’avanguardia. Artista mai convenzionale fece del paradosso concettuale e visivo, dell’ambiguo e dell’irrazionale le armi con cui abbattere le barriere dell’ordine artistico e culturale costituito.


Video di Le Retour a La Raison di Man Ray (1923) :



bottom of page