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GIORNO PER GIORNO 25 maggio - Il Rex è morto, lunga vita al Rex!

25 maggio 1967

 

Il Rex è morto, lunga vita al Rex!

La galleria Rex & Sons di San Paolo chiude i battenti con un canto del cigno assurdo e gioioso: la mostra Exibição-Não-Exibição (Mostra-non-mostra) si trasforma in un happening fulmineo e frenetico nel corso del quale i partecipanti si impossessano liberamente delle opere di Nelson Leirner.



Il gruppo artistico Rex era stato fondato a San Paolo nel 1966 dagli artisti Wesley Duke Lee, Geraldo De Barros e Nelson Leirner che avevano deciso di far fronte comune contro ad un sistema dell’arte considerato asfittico e in fase di mummificazione. Tra gli anni ‘50 e ‘60 a livello internazionale si era affermato un linguaggio artistico dominato dalla ricerca puramente formale, caratterizzato dall’astrattismo geometrico in tante diverse declinazioni. I musei, le gallerie e il mercato assecondavano questo tipo di ricerca formale, di fatto viziando i meccanismi di circolazione e fruizione dell’arte e influenzando gli artisti nella scelta del loro indirizzo creativo a favore di una sperimentazione puramente estetica che allontanava l’arte dai fermenti sociali e politici del tempo.



Due sono gli atti fondativi del gruppo Rex: la pubblicazione della rivista Jornal Rex e l’apertura della galleria Rex & Sons. Entrambi fungevano come luoghi alternativi ai circuiti istituzionalizzati dell’arte, dove fosse possibile attaccare il sistema con una critica irriverente e ironica e con sperimentazioni artistiche nuove dettate dalla possibilità di intervenire e dialogare con la società fuori dai palazzi dorati di curatori, critici, galleristi e patroni che si dimostravano tanto benevolenti quanto più si rimaneva protetti e conniventi con quell’universo universo esclusivo. Il primo numero della rivista minacciosamente si apriva con la dichiarazione AVVISO: è guerra! rivolta proprio a quell’universo. Ma l’elemento principale della strategia di Rex era l’ironia, declinata in paradosso e gioco. E mentre dalle pagine della rivista gli artisti lanciavano una dichiarazione di guerra, la galleria inaugurava con un vero e proprio ballo festoso, con gli organizzatori agghindati con cravatte colorate e motivi floreali mentre i convitati del circuito ufficiale dell’arte vestiti di tutto punto sembravano combinati per un funerale.

Per promuovere il superamento delle gerarchie codificate dal canone artistico dominante e per evolvere al di là dell’oggetto artistico come prodotto di mercato elitario, il gruppo, che si allarga e accoglie anche altri artisti, organizza mostre, dibattiti, happenings, proiezioni e pubblicazioni. Gli artisti coinvolti sperimentano con stili personali, diversi l’uno dall’altro, ma trovano unità nelle intenzioni. Le loro creazioni si ispirano variamente al dadaismo, col suo utilizzo di materiali di scarto e anonimi oggetti in chiave contestatrice, allo spirito interdisciplinare e collettivo di Fluxus, alla grammatica visiva colorata e fantasmagorica della Pop Art. Nel 1967, con un atto provocatorio memore della Fontana/Orinatoio di Marcel Duchamp, Nelson Leirner aveva inviato alla selezione per il IV Salone d’Arte di Brasilia l’opera Porco Imbalsamato. Meravigliato lui stesso che fosse stata subito accettata, il giorno dopo pubblicò a sue spese un annuncio sui giornali in cui sotto la foto dell’opera appariva la domanda: “che criterio ha utilizzato la giuria per accettarla?”, nel tentativo di inaugurare un dibattito aperto e costruttivo con le istituzioni artistiche.

Quell’anno il mirino di Leirner era mirato con precisione a colpire il mercato dell’arte, tanto che impose alla galleria che espose la sua serie Omaggio a Fontana un’irremovibile condizione: le opere, formalmente ricalcate alle opere di Lucio Fontana ma realizzate con tessuti industriali e assemblate con cerniere che aprivano e chiudevano quelli che erano i tagli nelle tele del maestro italo-argentino, dovevano essere vendute a prezzo di costo con una scelta di rifiuto dell’aura costruita intorno all’oggetto d’arte su cui le speculazioni di mercato erano costruite.


L’atto di rifiuto estremo arriva con la mostra personale Exibição-Não-Exibição, organizzata come atto finale e conclusivo delle attività del gruppo Rex. L’operato del gruppo viene raramente e superficialmente trattato dalla stampa di settore, che descrive l’irriverenza graffiante delle loro iniziative come un tentativo di creare scalpore per attirare l’attenzione, senza mai chiedersi verso che messaggio quell’attenzione era richiesta. Nemmeno Helio Oiticica e gli artisti del movimento tropicalista che contemporaneamente a Rio de Janeiro stanno sperimentando con nuove forme artistiche sono consapevoli della portata innovatrice che anima le iniziative dei Rex. Figurarsi se il pubblico comune potesse essere motivato a partecipare alle loro iniziative. Ma la fine non sarà un debole saluto, sarà un addio col botto.


Tramite qualche annuncio nei giornali e facendo affidamento al passaparola, circola la notizia che il 25 maggio alla mostra Exibição-Não-Exibição i partecipanti potranno portarsi via gratuitamente le opere di Nelson Leirner esposte. Giunti alla galleria Rex, i membri del pubblico vengono avvisati che potranno prendere le opere...se ci riescono! Infatti le creazioni di Leirner sono legate, incatenate, variamente ingabbiate e chi ne vuol prendere possesso dovrà meritarsele, abbattendo l’ostacolo o il vincolo che si frappone tra lui o lei e il pezzo. Su un tavolo sono serviti gli strumenti utili all’impresa: forbici, pinze, cacciaviti. Il premio finale non sarà solo il possesso gratuito di un Leiner ma la possibilità di venderlo al primo passante casuale incontrato fuori dalla porta. Un cronista dell’epoca racconta il pandemonio che si scatena descrivendo i partecipanti all’evento come soldati in trincea, disposti ad assaltare e sfondare una virtuale linea Maginot per vincere la loro battaglia mentre Nelson (Leirner) sorride assistendo alla sua personale Trafalgar. Proprio come Nelson a Trafalgar, come artista di professione che non guadagna nulla dai suoi lavori esposti ne uscirà mortalmente ferito, ma con questo sberleffo finale la sua battaglia contro il mercato nemico è simbolicamente vinta. Quello che Wesley Duke Lee descrive come “uno degli happening più perfetti che organizzammo” si consumò in soli otto minuti.


Sergio Mendes & Brasil 66 Mas Que Nada


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