GIORNO PER GIORNO 24 aprile - Pasolini e "lli scopini"
- Andrea Colombu
- 24 apr 2021
- Tempo di lettura: 4 min
24 aprile 1970
Pasolini e la poesia “de lli scopini” in lotta

“E oggi 24 aprile 1970 / è giorno di sciopero: l’Ordine degli Scopini / è entrato nella storia; / bisogna essere contenti, come se gli angeli / fossero scesi sulla terra, a sedersi sulle panchine dei viali / e sui muretti della borgata; / è giorno di Rivelazione; / è caduta ogni separazione tra il Regno d’Ognigiorno / e il Regno della Coscienza; / ciò che resta intatta è l’umiltà; / perché chi ebbe una vocazione vera / non conosce la violenza; e parla con grazia / anche dei propri diritti” (Pier Paolo Pasolini)

Fare lo spazzino era il lavoro più brutto del mondo. Prima che esistessero i cassonetti, l’immondezza la ritiravano in casa, rovesciando le pattumiere domestiche dentro enormi sacchi che portavano in spalla. Sacchi di juta o di ruvido cotone verde, marrone o grigio, secondo le città. Pesantissimi e puzzolenti. L’odore si appiccicava su chi li trasportava, non bastava strigliarsi con sapone e spazzole per tirarlo via. Ai bambini piccoli per minacciarli si diceva che sarebbero finiti nel sacco dell’“immondezzaro”; ai più grandi che studiavano poco si additavano gli spazzini come spauracchio e possibile ignobile loro futuro.
Non era molto diverso per chi puliva le strade. Sempre loro, gli ultimi, doveva essere gente messa male per accettare un lavoro simile, si diceva. Puliscono tutto quello che tutti sporcano, tolgono i rifiuti di tutti ma nessuno li ama.
Il lavoro è faticosissimo, le condizioni di lavoro pessime. Dopo 15 anni di lavoro il 75% dei lavoratori non è più abile per quel lavoro, ma lo deve fare lo stesso.
Ma un giorno del 1970 succede per la prima volta qualcosa che solo la potenza della poesia di Pier Paolo Pasolini sa rendere: cade la separazione tra il Regno di Ognigiorno, quello della necessità e dell’abitudine, e quello della Coscienza. La Coscienza di classe che porta gli spazzini al primo sciopero nazionale di tre giorni a partire dal 24 aprile. E la Coscienza di chi si accorge che senza il loro lavoro le città sono sporche perché le sporchiamo e i rifiuti che produciamo nel nostro regno di “Ognigiorno” in casa puzzano.
Pier Paolo Pasolini ha sempre messo al centro del suo lavoro di cineasta la vita marginale, la forza e la poesia che guida gli ultimi a inventarsi le forme della sopravvivenza. E così era la sua vita, la sua poesia, la sua scrittura. Una continua partecipata osservazione ai fatti minuti della vita. Un misto di amore per i luoghi e le persone che danno alle città tono e fascino.
“Cos’è Roma? Qual è Roma? Dove finisce e dove comincia Roma?”, si chiede Pasolini in Viaggio per Roma e dintorni: Il fronte della città, del 1958: “sicuramente è la più bella città d’Italia – se non del mondo. Ma è anche la più brutta, la più accogliente, la più drammatica, la più ricca, la più miserabile. Il cinema ha molto aiutato a farla conoscere, anche a chi non ci vive. Ma bisogna stare attenti: il gusto neorealistico che ha presieduto ai film su Roma è troppo imbevuto di bozzettismo, di particolarismo dialettale, di ottimismo umanitario, di crepuscolarismo: tutte cose che non potranno mai dare, col loro tono medio, grigio o roseo, l’atmosfera di questa città che è così drammaticamente contraddittoria”.

Pasolini decide di stare dentro lo sciopero de lli scopini romani, coerentemente con un lavoro di documentazione che sta organizzando intorno alle grandi mobilitazioni operaie, che si susseguono dal 1968 e 1969, estendendosi nei quartieri popolari per la casa e contro il carovita.
Ma non si limita a filmarli e a intervistarli. Partecipa alle loro assemblee e prende la parola anche lui. Consiglia di rivolgersi alla popolazione, spiegare come si è costretti a lavorare, in quali condizioni e per quale paga. Vengono stampati mezzo milione di volantini: per la prima volta, indistintamente tutti i cittadini devono affrontare l’evidenza di una città che splende al sole ma senza gli spazzini rimane sporca. L’evidenza deve diventare Coscienza “ch’esser scopino è un gran mistero. / Nessuno sa né dove né quando / viene ‘sta vocazione. / Tocca cercà, tocca cercà: e dove ti ritrovi? / In fonno ar mondo: laggiù/ bruciava un foco, magari sur mare; / o sotto ‘na montagna ci stava la carogna/ d’una pora gatta, che gli aveva detto male:/ chi l’avrebbe immagginato che sarebbe toccato a noi? / Eppure è venuta la vocazione / Noi apparteniamo all’Ordine degli Scopini / Ci rassomigliamo tutti come i frati: / il primo voto sarebbe quello del silenzio”.

Pasolini realizza un documentario di 85 minuti, sta con loro nei giorni prima durante il lavoro, in una giornata di pioggia, ai mercati generali, in strada. Poi c’è l’assemblea, un momento corale dove prendono la parola non solo i sindacalisti. Si inquadrano i volti, la tensione, le espressioni che non lasciano dubbi sulla determinazione della loro lotta. Infine le interviste di cui manca il sonoro.
Il film mai terminato e dal titolo Appunti per un romanzo sull’immondezza, è stato ritrovato e recuperato dal regista Mimmo Calopresti e proposto per il trentennale dell’uccisione di Pasolini nel 2005 con un sonoro nuovo, fatto di interviste ad alcuni spazzini in lotta in quell’aprile del 1970, assieme a un documentario sul film incompiuto intitolato Come si fa a non amare Pier Paolo Pasolini.
Puoi chiamare termovalorizzatore un inceneritore, operatore ecologico uno spazzino o diversamente abile un disabile, ma questo non risolverà i loro problemi.
Pier Paolo Pasolini
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