GIORNO PER GIORNO 23marzo - Cain it’s cool?
- Andrea Colombu
- 23 mar 2021
- Tempo di lettura: 7 min
23 marzo 1961
Cain it’s cool?

Esce in Francia il romanzo di Alexander Trocchi dell’Internazionale Situazionista Le Livre de Caïn, per le (famigerate) edizioni Olympia Press con la traduzione francese di Aanda Golem.

"Credi che sia facile? Credi che non debba far altro che sedermi e scrivere questa maledetta roba? Non ho una trama. Non ho personaggi. Non mi interessa tutto il solito armamentario. Non lo capisci? Quella è letteratura falsa. Io devo iniziare con il presente, qui, ora. Io…» Quest’incondizionata adesione al tempo che scorre, questa furibonda intimità con l’istante è la tortura di quei giorni perpetrati contro di sé. «L’angoscia dovuta a quest’obbligo di registrare comincia a gonfiarsi oltre il senso della registrazione. […] In certi momenti mi ritrovo a considerare tutta la mia vita come un’introduzione al presente, con il presente che rimane l’unica cosa da dichiarare […]. Il passato deve essere trattato con rispetto, ma ogni tanto dovrebbe essere affrontato, violentato. Non dovrebbe mai essergli consentito di pietrificarsi. Ogni uomo scoprirà chi è. Caino o Abele. E poi renderà l’immagine di sé coerente con sé stessa, ma solo se sarà prudente egli lascerà che sia in contraddizione col mondo esterno.”
Non è facile sapere chi si è, né quale sia la maschera che si indossa, né quale personaggio la società costringa ad assumere. E perché essere costretti a essere Abele o avere il marchio di Caino? E se il mondo che ci circonda ti imprime il marchio del cattivo per eccellenza, se sei costretto ad indossare come un vestito quotidiano lo stigma di Caino, tanto vale rivendicarne il ruolo, l’essenza, l’origine di sfida contro ogni potere. Il dio biblico aveva già qualche problema con Caino, prima che questi accoppasse il fratello. Abele era uno che ligio alle tradizioni, manco un allevatore, era ancora un cacciatore, raccoglitore. Caino era la novità, uno che aveva preso un po’ troppo sul serio la maledizione del lavoro con il sudore, lanciata contro i genitori Adamo ed Eva. Caino stava inaugurando agli albori del racconto biblico l’epoca dell’Antropocene, cercando di addomesticare la natura con l’agricoltura e chissà quale altra diavoleria poteva avere ancora in mente. Si sentiva al centro del mondo, capace di domare la natura, respingendola da sé per divenirne padrone? Cosciente o no, stava cambiando l’ordine delle cose e quel dio rancoroso non amava troppo la dieta vegetariana e forse vegana dell’uomo. Ci sono momenti in cui ciò che deve essere detto ti guarda dal passato – ti guarda come qualcuno da una finestra e tu sotto che cammini, scriveva Alexander Trocchi nel suo romanzo precedente Il Giovane Adamo.

“Sviluppai presto un orrore per tutte le forme di associazione, in particolare quelle che senza ulteriore fatica si arrogavano il diritto di riassumere tutti i miei atti sotto certe designazioni normative in base alle quali mi avrebbero ricompensato o punito. Non riuscivo a provare alcuna fedeltà per una cosa così astratta come uno Stato o così simbolica come un sovrano.”
Alexander Trocchi, scozzese di origini italiane è uno di quei personaggi letterari che esistono sia nella realtà come autori, agitatori, sabotatori culturali che come protagonisti di attraversamenti di labirinti, costruttori di trappole su cui ficcarsi, esploratori di acque incerte, collezionisti di relitti. Dal 1950 a Parigi, grazie al contributo economico dell’americana Alice Jane Lougee, insieme al poeta Christopher Logue aveva fondato la rivista letteraria in lingua inglese Merlin pubblicando, tra gli altri Ionesco, Miller, Neruda, Beckett e Sartre, per due anni (1952-1954) e sette numeri. Nel 1953 Maurice Girodias aveva fondato la casa editrice Olympia Press che grazie all’intervento di Alexander Trocchi intraprese la pubblicazione di testi di qualità ma con la fama di “pericolosi per la morale e proibiti” come Lolita di Vladimir Nabokov, Plexus di Henry Miller, Storia dell’occhio di Georges Bataille o La filosofia del boudoir di De Sade, alternandoli con l’uscita di veri porno a cui lo stesso Trocchi partecipò con testi firmati con pseudonimi come Jean Blanche o Carmencita de las Lunas. Fu in questo contesto che, nel 1954, Trocchi pubblicò col suo nome il suo primo romanzo, Il Giovane Adamo. Nel 1956 si trasferì quindi a New York, dove andò a vivere su una chiatta e cominciò a far uso di eroina, tutte esperienze che convergeranno ne Il libro di Caino.
I suoi romanzi, i suoi scritti hanno molto più dell’autobiografico. Né Adamo né Caino sono rinchiudibili nella facile categoria Junk: eroina, disperazione urbana, autodistruzione. La trilogia sarebbe sicuramente facile da compilare: insieme a Naked Lunch di William Burroughs e Requiem For A Dream di Hubert Selby, Il libro di Caino di Alexander Trocchi sull'essere un ribelle, sbandato e tossicodipendente, è il terzo classico della scrittura ispirata alla droga. Ma se non amiamo le semplificazioni, e se cerchiamo di seguirlo, ci ritroviamo con lui, nei due romanzi e nella vita a vedere la vita da una chiatta e a vedere se la nostra vita ha una trama, o se la vita trama contro di noi.
“(..)mi è difficile ricordare ed esprimere, e difficile esprimere e ricordare, se talvolta le parole emergono dalla pagina improvvise, innaturali, come fossero scheletri maligni e tintinnanti che mi accusano e mi divertono con le loro mosse oscene che fanno impazzire il mondo, immagino che ciò accada perché esse si prendono una specie di vendetta ancestrale su di me, sull’uomo che in ogni momento è pronto a schierarle per la morte o la resurrezione…”

Allen Ginsberg lo definisce “uno degli uomini più brillanti che io abbia mai conosciuto” e William Burroughs “una figura unica e capitale nel mondo letterario internazionale degli anni ’60 e ’70” e “Il libro di Caino è il classico racconto della fine degli anni Cinquanta sulla dipendenza da eroina ... Un esistenzialismo non autosufficiente, reso con esattezza e muscolosità da scrittore, distingue questo romanzo da tutti gli altri del genere".
E’ nel romanzo di Trocchi che per la prima volta viene definito il termine cool nella sua accezione destinata a divenire popolare, e riferita in origine alla sensazione dell’organismo dipendente dall’eroina quando assume una dose, “sensazione di essere intatto e infrangibile, e soprattutto inviolabile”.

Infrangibile? Certo, mentre la sua seconda bellissima moglie Lyn Hicks si prostituisce nella Lower East side per procurare l’eroina per sé e per lui, e lui è così mal messo e in astinenza che non riesce a presentarsi neanche alla presentazione del suo libro. Inviolabile? Forse. Grazie a quella corazza di insensibilità che gli permette poi di passare serate con William Burroughs e Marianne Faithfull. Il romanzo uscito in America nel 1960 aveva avuto una buona accoglienza e buone vendite, ma la sua fama è legata all’uscita televisiva nel 1961 quando tirò fuori una siringa e si fece una pera in diretta e quando l’anno successivo venne arrestata una sedicenne con una ricetta medica per l’acquisto di farmaci oppiacei con sopra il suo nome. Reato che prevedeva una condanna a 15 anni di carcere. E allora la fuga in Canada dove viene ospitato da Leonard Cohen che a lui dedicherà il poema Alexander Trocchi, public junkie, priez pour nous. (Chi è più puro,/più semplice di te? I preti giocano a poker coi borghesi,/ la polizia in mutande/ lascia il Crimine in ufficio,/ i nostri poeti osservano l’orario d’ufficio/ e rientrano dalle mogli e dai bollettini scandalistici./ La spada lampeggia nel tuo sangue/fissa come un faro d’argento…)
Il suo libro è ritirato dalla circolazione nel Regno Unito e condannato non per oscenità ma per "lo stile di vita che difendeva". Una motivazione adottata per la prima volta senza tener conto delle prese di posizione del mondo letterario che ne difendevano il contenuto culturale. In risposta al verdetto sfavorevole Trocchi inscenò una delle azioni tipiche della creatività situazionista: un pubblico rogo del suo libro, con fuochi d'artificio.

Ma qualcosa cambia. Non è più in viaggio tra le acque alla guida di una chiatta che si lascia trascinare, ma ancora alla ricerca di un’identità come scriveva nel suo Libro di Caino: “Perdere la mia identità di scrittore equivale a perdere ogni identità sociale. Non sono in grado di scegliere un’altra identità tanto quanto non sono in grado di sostenere seriamente quella di scrittore. Resto con un’identità soggettiva, qualcosa che sto scoprendo (o no) nell’atto di divenire”.
Durante i giorni dell’arresto per droga, l’uscita su cauzione e la fuga in Canada in suo aiuto era arrivato l’appello promosso dagli attivisti e personalità più importanti dell’Internazionale Situazionista che aveva conosciuto in Francia e Germania, il filosofo Guy Debord, e gli artisti Jacqueline de Jong, e Asger Jorn. E al ritorno in Europa, dopo la morte della moglie, riprende con entusiasmo la collaborazione con loro, riprende a scrivere, o meglio a accumulare scritti, racconti, appunti da rivedere per un romanzo che non arriverà a finire. Ma soprattutto lavora con loro a tesi che riportano la battaglia culturale come arma più efficace per rivoltare il mondo presente, sovvertire l’ordine che si basa sullo sfruttamento e l’emarginazione sociale. La rivoluzione bolscevica non ha nessuna attualità:
“Abbiamo già rifiutato qualsiasi idea di attacco frontale. La mente non può resistere alla materia (forza bruta) in una battaglia aperta. Si tratta piuttosto di percepire chiaramente e senza pregiudizi quali sono le forze che sono all'opera nel mondo e dalla cui interazione dovrà nascere il domani; e poi, con calma, senza indignazione, da una specie di ju-jitsu mentale che è nostro in virtù dell'intelligenza, del modificare, correggere, inquinare, deviare, corrompere, erodere, aggirare… ispirando quella che potremmo chiamare l'insurrezione invisibile. Arriverà sulla massa degli uomini, se mai arriverà, non come qualcosa per cui hanno votato, per cui hanno combattuto, ma come il cambio di stagione; alla fine si troveranno dentro e saranno stimolati dalla situazione a ricrearla consciamente dentro e fuori come se fossero la loro.”
Auspicava, teorizzandola nel Sigma Project “l'insurrezione invisibile di milioni di menti, una presa incruenta del potere planetario attraverso l'infiltrazione nei mezzi di produzione culturale di massa”

Negli ultimi anni della sua vita ha il tempo di riflettere su alcuni passi del suo Libro di Caino quando era stato costretto a guardarsi nella veste dell’uomo sulla chiatta “come affiorava e affondava” e “passò attraverso gli stadi della maturità e della giovinezza / procedendo nel vortice” e infine come “una corrente sottomarina / gli spolpò l’ossa in mormorii”.
Ho avuto bisogno delle droghe, si legge in alcuni scritti ritrovati dopo la sua morte, per abolire dentro di me il doloroso riflesso della schizofrenia dei miei tempi, per spegnere l'impulso di tirarmi subito in piedi e uscire dal mondo, per vivere una identità appropriata e tradizionale. Gli astronauti, che erano i miei eroi, si muovevano lungo le traiettorie dello spazio interiore. Volevo evadere dalla prigione mentale del mio linguaggio, volevo renderlo nuovo
Davy Graham – from Cain movie live 1969
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