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GIORNO PER GIORNO 22 maggio - The day after...

22 maggio 1979

 

The day after...

I leaders gay di San Francisco per bocca del consigliere comunale Harry Britt dichiarano alla stampa di non volersi scusare per le violenze esplose nella giornata precedente, quando il verdetto del processo dichiara Dan White, l’assassino del consigliere Harvey Milk e del sindaco George Moscone, colpevole di omicidio colposo.



La mattina del 27 novembre 1978 Dan White, consigliere comunale dimissionario che voleva rimangiarsi le dimissioni, si era diretto al municipio armato di pistola e aveva immediatamente realizzato che il metal detector posto all’ingresso non gli consentiva di entrare. Si era allora diretto al lato dell’edificio, per introdursi nel palazzo da una finestra. Risoluto, aveva poi camminato verso l’ufficio del sindaco George Moscone. Un breve alterco verbale tra i due si era concluso con degli spari, dopodiché Dan White si era affrettato verso l’ufficio del consigliere Harvey Milk, contro cui sparò ripetutamente al petto e poi alla testa. Nella confusione che seguì agli spari, Dan White riuscì a lasciare il municipio e a fuggire senza essere notato mentre i corpi senza vita di George Moscone e Harvey Milk giacevano nei rispettivi uffici. Dopo essersi nascosto per diverse ore, Dan White si consegnerà alla polizia nella tarda serata.



Tutta la cittadinanza di San Francisco rimase fortemente scossa alla notizia dell’omicidio di due figure pubbliche di rilievo. Lo shock fu particolarmente forte nella comunità gay, che vedeva in Harvey Milk non solo il primo gay apertamente dichiarato ad essere eletto in una carica pubblica grazie al suo attivismo sul campo ma anche un abile politico in grado di combattere con perseveranza e successo per i diritti LGBTQ. La terribile giornata del 27 novembre si concluse con una marcia spontanea formata da decine di migliaia di persone che si diressero da Castro, il distretto prevalentemente gay in cui abitava ed era stato eletto Harvey Milk, verso il municipio reggendo candele accese e in un silenzio che rendeva palpabile la commozione.



Harvey Milk si era trasferito da New York a San Francisco nel 1972. Nato nel 1930, si era diplomato a New York dove, dopo aver servito in marina negli anni della guerra in Corea, era rientrato nel 1955. Con un lavoro come consulente finanziario, Milk viveva la sua omosessualità privatamente e conduceva una vita apparentemente conformista fino a quando, nel pieno degli anni Sessanta, non cominciò a frequentare Greenwich Village e gli ambienti artistici e intellettuali che lo resero sensibile alle spinte controculturali. Lasciato il lavoro da consulente, collaborava con una compagnia teatrale e nel frattempo partecipava sempre più attivamente alle manifestazioni dei movimenti di protesta contro la guerra in Vietnam e per i diritti civili e la libertà sessuale. Al suo arrivo a San Francisco Harvey Milk era ormai apertamente e dichiaratamente gay e si stabilì insieme al compagno nel quartiere Castro, dove aprì Castro Camera, il loro studio fotografico.



Dopo aver aperto Castro Camera, Milk ricevette la visita di un ufficiale pubblico il quale chiedeva un anticipo della tassa sulla concessione commerciale, pena la chiusura dell’attività. La cosa lo fece infuriare, perché ledeva la libertà d’impresa e comprometteva la possibilità di iniziare un’attività in proprio per chiunque non fosse benestante, di fatto perpetuando le disuguaglianze economiche alla base, secondo lui, di tutte le altre forme di disuguaglianza. Poco tempo dopo una giovane insegnante si era recata da Castro Camera per affittare un proiettore per fare lezione alla propria classe. Milk le chiese come mai la scuola non le fornisse un proiettore e lei rispose che c’era un solo proiettore dove lavorava e dovevano contenderselo tra insegnanti. Milk si rese conto che il modo in cui venivano spesi i soldi pubblici a San Francisco andava messo in discussione. L’iniquità nella distribuzione dei soldi pubblici derivati dalle tasse a scapito di molte frange della comunità lo convinse a candidarsi alle imminenti elezioni comunali.



Prima di essere finalmente eletto, nel 1977, Harvey Milk si candidò e perse per tre volte. Ma furono anni in cui costruì progressivamente la sua visione politica e le strategie per metterla in atto. Su grande scala, era ovviamente impegnato per l’affermazione dei diritti civili gay, ma era anche fermamente convinto che i grandi cambiamenti fossero possibili solo attraverso l’equità economica e la creazione di una comunità eterogenea ma coesa e solidale. Nel 1974 mise insieme la prima edizione della Castro Street Fair, festosa manifestazione con stands di vendita per le piccole attività locali, concerti e balli in strada in cui la comunità LGBTQ esprimeva la sua vitalità in armonia con l’intero quartiere. Le sue iniziative non riguardavano soltanto la comunità gay ma anche gli anziani, i sindacati e le minoranze etniche che formavano in maniera crescente il tessuto sociale di molti quartieri della città. Come attivista, utilizzava il Castro Camera come base logistica delle sue campagne, realizzando sul retro gli striscioni e i volantini da distribuire per le vie. Attivista di quartiere, le sue campagne, a cui aderiva un crescente numero di volontari entusiasti, erano instancabilmente condotte per strada, con cartelli, strette di mano e discorsi in piazza.



“La storia è fatta di eventi, a volte grandi eventi a cui tutto il modo guarda, ma prevalentemente eventi piccoli che piantano il seme del cambiamento” era convinto Harvey Milk. Quando il sindacato dei trasportatori si oppose a sei compagnie che producevano birra e che volevano imporre nei loro contratti la clausola che impediva ai dipendenti l’adesione a qualsiasi sindacato, Milk organizzò un boicottaggio: nessun bar gay in città avrebbe servito birre di quelle sei compagnie. I bar gay costituivano un’importante fetta di mercato a San Francisco e cinque delle sei compagnie ritirarono la clausola dai loro contratti. La visione di Harvey Milk si articolava in battaglie locali per la giustizia economica, i diritti individuali, la solidarietà e la capacità di creare coalizioni. Le sue iniziative spaziavano dall’istanza ad utilizzare fondi pubblici per acquistare dentiere per gli anziani alla proposta di imporre una tassa sulle attività economiche messe su in città da non residenti, dall’edilizia residenziale al sostegno al piccolo commercio locale, fino alla proposta di arruolare solo cittadini di San Francisco tra le forze di polizia in modo che avessero maggior familiarità con la comunità in cui lavoravano. L’attivismo di Milk prendeva forma dalla singolarità di occasioni specifiche in cui esercitare la volontà di cambiamento. La dichiarazione “Se noi nella comunità gay vogliamo che altri ci aiutino nella nostra battaglia per porre fine alla discriminazione, dobbiamo aiutare gli altri nelle loro battaglie” riassumeva il suo impegno a prendere posizione su qualsiasi questione concernente il suo quartiere e la sua comunità. La sua crescente popolarità e attrasse l’attenzione e la simpatia politica del sindaco George Moscone, un democratico attento alle minoranze e alle zone della città marginalizzate eletto nel 1975, e gli guadagnarono l’etichetta di ‘sindaco di Castro’.




La terribile ondata omofobica del 1977 ‘costrinse’ Milk a concentrarsi frontalmente sul fronte dei diritti gay. La crociata anti-gay Save the Children capeggiata dalla reginetta di bellezza, cantante e integralista cattolica Anita Bryant utilizzava la trita retorica del pericolo per i bambini, il rischio fatto certezza della molestia, l’arruolamento e l’inquadramento omosessuale dei bambini a giustificazione della discriminante sessuale nelle assunzioni lavorative. L’impegno di Milk nel contrastare attivamente questa ondata gli guadagnò il sostegno che servì a farlo finalmente eleggere come consigliere comunale l’8 novembre 1977. La sua prima passeggiata verso l’insediamento al comune somigliava ad una gioiosa parata e la sua elezione divenne simbolo di speranza per la comunità gay.



Come era tipico del suo attivismo civico di natura pratica, la prima iniziativa di consigliere eletto promossa da Harvey Milk prevedeva l’impegno a multare salatamente i padroni di cani che non pulivano gli escrementi lasciati dai loro animali, e nel contempo lavorava a stretto contatto con gli altri neo-consiglieri, tra cui il giovane Dan White, in un’ottica di pacifica negoziazione tra le diverse istanze di ciascuno. Ma quando il politico repubblicano John Briggs avanzò la Proposition 6, una proposta di legge che prevedeva il licenziamento degli insegnanti omosessuali sulle stesse basi teoriche che avevano guidato l’anno prima la campagna Save The Children, di fronte all’ignorante pregiudizio di una tale iniziativa e per smontare la falsa retorica che lo alimentava, Harvey Milk si confrontò in dibattiti accesi con Briggs e i suoi accoliti, smontando punto per punto i falsi miti dell’omosessuale come pervertito molestatore di bambini, con statistiche sui crimini sessuali che non sostenevano questa tesi. Controbatteva alle assurde tesi di Briggs con semplici prove concrete, come quando di fronte all’ipotesi che l’inclinazione dei bambini potesse essere determinata da quella degli insegnanti fece notare che, considerando quante suore insegnassero nelle scuole, ci sarebbero dovute essere molte più suore tra il pubblico che partecipava al dibattito. La battaglia convinse Milk che fare coming out fosse un passaggio essenziale nella lotta per i diritti LGBTQ; era infatti convinto che fintanto che tanti gay vivessero di nascosto dalla percezione del mondo la loro identità sessuale quei falsi miti potessero avere ancora credito. Solo la consapevolezza della comunità allargata che i gay ne erano parte sana e integrante li avrebbe abbattuti. Il 7 novembre 1977 la Proposition 6 viene respinta.


Dan White, l’ex-poliziotto, ex-vigile del fuoco, giovane padre di famiglia che ogni madre vorrebbe come figlio, era stato eletto consigliere nella stessa tornata di Harvey Milk e ne osservava i crescenti successi civili e politici mentre le sue iniziative venivano puntualmente sconfitte ai voti in consiglio. Il suo iniziale ingenuo entusiasmo per la politica si era trasformato in frustrazione e risentimento alla prova del suo esercizio d’ufficio e della burocrazia. Harvey Milk era diventato la personificazione del tradimento della politica quando non lo aveva supportato in un’iniziativa per impedire la realizzazione di un ospedale psichiatrico nell’ottavo distretto, quartiere in cui White era stato eletto. Dan White fu poi l’unico consigliere a votare a favore della Proposition 6 di Briggs e il suo ennesimo isolamento in consiglio lo portò a rassegnare le dimissioni, salvo poi tentare di ritirarle, pistola alla mano e a costo della vita di Milk e Moscone, la mattina del 27 novembre 1978.


A processo la difesa di Dan White si concentrò lo stato di depressione e fragilità psicologica in cui si trovava da mesi l’imputato, facendo ricorso anche all’influenza negativa che un’alimentazione fatta di snacks calorici e bibite gassate avrebbe avuto sulla sua salute mentale. La linea difensiva ottenne la famigerata definizione di ‘Twinkie Defense’, dal nome di uno degli snack che costituivano i pasti di White. La confessione registrata di un White che ammette il crimine in singhiozzi venne fatta ascoltare ad una giuria emotiva ed empatica con quel bravo ragazzo, considerato un povero depresso, deluso e frustrato nelle sue aspirazioni ideali. Poco importava che quella mattina avesse deliberatamente portato con sé una pistola, che non si fosse fatto dissuadere da un metal detector, che si fosse introdotto da una finestra, che avesse scaricato più colpi su George Moscone, ricaricato l’arma, camminato fino alla stanza di Harvey Milk per scaricare altri colpi su di lui, gli ultimi due puntando da vicinissimo alla testa. E nemmeno che si fosse dato alla fuga, facendosi convincere a consegnarsi solo dalla moglie. Il 21 maggio 1979 il verdetto non lo condannò per omicidio premeditato ma colposo, con tutte le attenuanti del caso.




Il dolore attonito e rispettoso che aveva guidato la silenziosa marcia nella notte degli omicidi si trasformò in rabbia violenta in quella che venne organizzata nella serata del verdetto. Da Castro si sollevò una protesta aggressiva che raggiunse l’edificio del municipio al grido di “Vendetta per Harvey Milk” e “Un omicida la passa liscia”. Più di tremila manifestanti lanciavano sassi all’edificio del municipio e alle attività circostanti e diedero fuoco a diverse auto della polizia, rispondendo ai giornalisti accorsi per documentare tutto: “Dite che abbiamo mangiato troppi Twinkies!” Nel corso della serata le violenze rientrarono per qualche ora, scatenate di nuovo quando la polizia, con un’azione di ritorsione, fece irruzione in un bar gay di Castro e picchiò indiscriminatamente i presenti. La notte divenne celebre come White Night.



Il giorno dopo, quando i rappresentanti dei movimenti gay rifiutarono di scusarsi per le violenze della White Night, Harvey Milk avrebbe compiuto 49 anni.


Discorso di Harvey Milk il 2 luglio 1978


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