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GIORNO PER GIORNO 19 luglio - Que Viva Tina!

19 luglio 1924

 

Que Viva Tina!



Nella rivista messicana El Universal Illustrado compare una recensione ad alcune foto di una giovane fotografa di nome Tina Modotti. Negli anni a seguire l’opera fotografica diventerà per Tina forma di attivismo sociale e militanza politica.


La foto scelta da El Universal Illustrado ritrae l’interno della torre di una cappella a Tepotzotlan, una cittadina messicana dove Tina Modotti si era recata in gita insieme al compagno Edward Weston e ad alcuni amici. La scelta dell’inquadratura e della messa a fuoco restituisce un intersecarsi di linee e un gioco di luci che rendono l’immagine quasi astratta, ma insieme intima e allusiva. L’opera risente delle sperimentazioni della contemporanea fotografia d’avanguardia di cui Edward Weston era riconosciuto maestro e che tendeva ad utilizzare il mezzo fotografico non per imitare la resa pittorica della realtà ma come linguaggio estetico autonomo in grado di catturare l’essenza delle cose nella loro purezza formale.


Tina Modotti era approdata definitivamente in Messico nel 1923. Italiana, era emigrata negli Stati Uniti nel 1913 quando aveva sedici anni. A San Francisco conobbe e si legò al giovane artista Ruboix de l’Abrie Richey, noto Robo. Nel 1918 la coppia si trasferisce a Los Angeles, dove la bellezza mediterranea di Tina le offre un lasciapassare per Hollywood, che però la confina allo stereotipo della femme fatale. La casa di Tina e Robo diventa intanto un quartier generale per artisti e intellettuali che stimolano l’appassionata curiosità e la natura passionale della giovane. Lascia Hollywood e il suo mondo di frivole apparenze, piuttosto presta la sua bellezza agli artisti che la circondano, posando come modella. È in questo ruolo che varca per la prima volta lo studio del fotografo Edward Weston, frequentatore degli incontri a casa sua. La bellezza e il rigore estetico delle fotografie di Weston, oltre ad una nascente passione tra i due, la portano a voler imparare la tecnica. Diventa la sua assistente e nel frattempo Robo parte per il Messico, attratto dalla rivoluzione politica appena avvenuta e i fermenti culturali che ne derivano.


È la morte improvvisa di Robo a condurre Tina in Messico, ma saranno gli incredibili stimoli culturali e i vivaci fermenti socio-politici ad ancorarla al paese. Edward Weston è con lei ed insieme aprono uno studio fotografico in cui lavorano come ritrattisti e per lavori commerciali. La pratica con la macchina Graflex le consente di padroneggiare sempre meglio gli elementi tecnici, le inquadrature, la messa a fuoco, l’illuminazione. Gli insegnamenti di Weston la indirizzano verso quella purezza e nitidezza di immagine tipica delle avanguardie fotografiche dell’epoca e tendente all’astrazione.


Ma Tina è altrettanto coinvolta nell’agitazione culturale che investe il Messico post-rivoluzionario. Condivide con la cerchia dei muralisti Rivera, Siqueiros, Orozco e Guerrero l’entusiasmo per il programma di modernizzazione inaugurato dal ministro della Pubblica Istruzione Vasconcelos nel 1921 e portato avanti dal presidente Calles, eletto nel 1924. La sua fotografia riflette la passione politica e la crescente partecipazione alle condizioni del paese e alle sorti di una rivoluzione sofferta e non ancora veramente riuscita. Riconosce le contraddizioni irrisolte, l’enorme divario che separa i pochi ricchi dai lavoratori oppressi da fatica e povertà. Inquadra la disuguaglianza sociale come principale cancro da eradicare attraverso la rivoluzione socialista. Soggetti privilegiati dei suoi scatti diventano le persone: i muralisti a lavoro, i lavoratori colti nelle loro pesanti mansioni o mentre manifestano contro le politiche contro-rivoluzionarie in atto dal 1925.


Dai manifestanti presi di spalle mentre sfilano coi sombrero in testa, agli anonimi lavoratori all’opera, dal dettaglio delle mani che lavorano ai campesinos che leggono le ultime notizie sugli abusi del governo, le scelte visive di Tina Modotti conferiscono alle immagini un potere comunicativo che va oltre il loro essere semplice documentazione di avvenimenti e situazioni specifiche per diventare simbolicamente universali della dignità del lavoro e dell’oppressione subita. La lotta e il cambiamento sono necessari e documentarli e diffonderli diventa la sua forma di impegno sociale e militanza. Le fotografie di Tina Modotti vengono pubblicate in importanti riviste di matrice comunista sia in Messico che all’estero.




Legata ora all’artista e attivo membro del partito comunista Xavier Guerrero, nel 1927 Tina si iscrive al partito comunista messicano e la sua fotografia inaugura un nuovo modo di fare propaganda rivoluzionaria in Messico. Lavora stabilmente per El Machete, il giornale socialista fondato nel 1924 dal sindacato degli artisti allo scopo di testimoniare la rivoluzione e avocare i cambiamenti sociali necessari alla giustizia sociale. Documenta i convegni, le manifestazioni e le varie attività dei militanti ma si dedica anche a denunciare le ingiustizie e lo stato di incredibile povertà in cui versa il paese, particolarmente intollerabile quando affligge i bambini.



La sua passione politica si infiamma ancora di più quando incontra Julio Antonio Mella, rivoluzionario cubano esiliato in Messico. Il loro amore si nutre della causa condivisa. Insieme concepiscono la serie “I contrasti del regime”, pubblicata in vari numeri de El Machete come reportage a puntate che contrappone immagini di eccessiva ricchezza e benessere a scatti che colgono la miseria in cui vive la maggior parte della popolazione. Il sodalizio con Mella e la passione politica che condividono vengono però spenti quando Mella viene assassinato nel gennaio 1929.


La stampa divora Tina Modotti, sotto inchiesta dopo l’omicidio: descritta come una spregiudicata femme fatale invischiata in torbide relazioni, ne viene messa in discussione prima di tutto la moralità perché chiaramente lontana dai codici socialmente imposti. Lamenta in una lettera a Edward Weston che le notizie fanno riferimento alla sua bellezza e non a riportare i fatti. Diego Rivera e altri si spendono per difenderla. Continua a lavorare nonostante tutto, ma si sente sempre più delusa e lontana dalla nuova direzione governativa. Nel 1928 gli Stati Uniti minacciano di dichiarare ufficialmente il Messico uno stato bolscevico e il governo messicano risponde con una serie di provvedimenti che sono ritenuti dagli spiriti rivoluzionari una decisiva svolta contro-rivoluzionaria e come un tradimento. I militanti comunisti come Tina cominciano ad essere malvisti e perseguiti dalle autorità.


Nel corso del 1929 Tina Modotti realizza ancora due serie fotografiche: quelle che ritraggono le donne di Tehuantepec, paese dove il sesso femminile gestisce le attività commerciali e gode di un grado di autonomia e libertà che non si trova altrove in Messico; e quelle che ritraggono il burattinaio Louis Bunin nella messa in scena dell’opera di Eugene O’Neill La scimmia pelosa, un’opera carica di critica sociale. Il 1929 si chiude con la prima e unica personale delle sue opere alla biblioteca dell’Università a Città del Messico. Nel testo che scrive per l’occasione Tina si dichiara convinta del ruolo della fotografia nello sviluppo storico e nella produzione sociale. Eppure, dopo il 1929, Tina Modotti abbandonerà sia il Messico che la fotografia.


A seguito del fallito attentato al presidente Ortiz Rubio, Tina viene arrestata e accusata di cospirazione. Rilasciata dopo tredici giorni, viene espulsa dal Messico. Dopo una breve pausa a Berlino va a Mosca. Nel corso degli anni Trenta si dedicherà alle attività del partito comunista, seguendo pratiche burocratiche, operando nel Soccorso Rosso e lavorando all’estero in missioni segrete, con il compagno Vittorio Vidali. Nel 1935 è in Spagna a per conto del partito e partecipa alla guerra civile, senza mai toccare la macchina fotografica nonostante gli inviti di Robert Capa e Gerda Taro. L’avvento dello stalinismo rende il suo rientro in Russia pericoloso e insieme a Vittorio Vidali nel 1939 rientra in Messico, dove morirà nel 1942 per arresto cardiaco in un taxi al rientro da una cena fuori.



Celito Lindo cantata da Gabriella Ferri


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