top of page

GIORNO PER GIORNO 18 marzo - Viva la Comune

18 marzo 1871

Viva la Comune di Parigi! gioia e rivoluzione



“La Comune è stata la più grande festa del XIX secolo. Vi si trova, alla base, l'impressione degli insorti di essere diventati padroni della propria storia, non tanto a livello di decisione politica «governativa» quanto a livello di vita quotidiana in quella primavera del 1871”. Così scrivono il 18 marzo 1962 Guy Debord, Raoul Vaneigem, Attila Kotànyi dell’Internazionale Situazionista.


Il 18 marzo 1871 è la data convenzionale per provare a dare a un evento di portata storica e culturale immensa come la Comune di Parigi una definizione temporale, un inizio, una fine. La Comune di Parigi non si può rinchiudere dentro i 70 giorni, tra insurrezione vittoriosa e sconfitta finale. Essa continua ad espandersi, trova nuove diramazioni, influenza pensieri, forme di ribellioni, attivismo culturale, sovversione del pensiero comune; è seme, pianta, frutto e di nuovo semi, tanti semi.


“Forse che si potrebbe impedire alla primavera di giungere, anche se si tagliassero tutte le foreste del mondo?” scrisse Louise Michel, una delle figure più amate e riconosciute della Comune di Parigi e della sua rivoluzione senza capi. “Si voleva avere tutto in una volta sola. L’arte, le scienze, la letteratura, le scoperte. La vita aveva un nuovo impulso. Tutti si affrettavano a fuggire dal vecchio mondo”.


Ventitre anni prima, la rivoluzione operaia del 1848 era stata sconfitta in un bagno di sangue,

con migliaia di licenziamenti e il taglio dei salari. Un’alleanza tra banchieri, finanzieri, ecclesiastici, borghesi e proprietari terrieri aveva favorito l’arrivo di un nuovo avventuriero al potere, Luigi Bonaparte - nipote di Napoleone - che si dichiarò imperatore col nome di Napoleone III e che trascinò la Francia in una disastrosa guerra contro la Prussia, la Germania di allora. Seguiamo il racconto di Louise Michel: “I finanzieri speravano in una nuova guerra di conquista, trovare nuove prede alla loro voracità. La guerra diede invece il colpo di grazia all’impero”. Tutte le voci che si levavano contro la guerra furono messe a tacere, tutti i giornali vicini all’Internazionale dei Lavoratori furono chiusi, gli oppositori arrestati e denunciati. “Vi furono arruolamenti di uomini, come si fa coi cani in tempo di caccia, ma né fanfare squillanti, né promesse di bottino potevano risvegliare le masse”.


Napoleone III, il genio della morte - come l’aveva rappresentato il pittore Edmond Guillame - era al termine del suo sogno imperiale: “Qualche anno prima della sua fine l’impero si aggrappava a tutto, al ciuffo d’erba come alla roccia, e tutto gli sfuggiva, ma pure si aggrappava sempre con gli artigli sanguinanti e i piedi nell’abisso. Poi venne la disfatta. La montagna precipitando lo schiacciò”. Arrivarono la disfatta francese nella battaglia di Sedan, la resa del “piccolo napoleone”, la sua cacciata e l’instaurazione della Repubblica il 4 settembre 1870.


Il nuovo governo, pieno di vecchi elementi e dei soliti interessi trattò le condizioni per la tregua. Ma a Parigi la si pensava diversamente, ci si organizzava per la resistenza, quartiere per quartiere. Ci si sentiva assediati sia dal governo francese spostatosi a Versailles che dai prussiani. I prussiani pretendevano di trattare con un governo ancora più remissivo con loro e più duro con gli insubordinati parigini.

Il governo di Versailles aveva tentato per due volte di impadronirsi dei cannoni della Guardia Nazionale schierata con la popolazione di Parigi, a Montmartre, a Place de Vosges, ma era stato inutile. Il 18 marzo, dopo l’affissione notturna di un manifesto che invitava gli abitanti della città alla resa e alla “separazione dai cattivi”, l’esercito penetrava a Parigi dai sobborghi. Ad accorrere per prime furono le donne armate di quel che capitava: bastoni, coltelli, carabine. Racconta Louise Michel: “Nell’alba che si levava si sentiva la campana a martello; noi salivamo a passo di carica sapendo che alla sommità c’era un’armata schierata a battaglia. Pensavamo di morire per la libertà. Si era come sollevati da terra. Morte noi, Parigi si sarebbe risollevata. Le folle a volte sono l’avanguardia dell’oceano umano. L’altura era circondata da una luce bianca, un’alba splendida di liberazione. Ad un tratto vidi mia madre e provai un’angoscia spaventosa: inquieta, era venuta, tutte le donne erano salite con noi, non so come. Non era la morte ad attenderci sulle alture dove le armate allineavano i cannoni, ma la sorpresa di una vittoria popolare. Le donne si gettarono sui cannoni e le mitragliatrici: i soldati rimasero immobili”.


Il giorno dopo, la popolazione di Parigi insorta andò a eleggere i propri rappresentanti - tutti artigiani, operai, artisti - mentre nei quartieri si organizzava una vita nuova. Un’esplosione di creatività, di organizzazione, di cultura, di socialità, con un diffuso attivismo femminile trascinante e liberatorio. La rivoluzione senza capi, la Repubblica universale delle persone libere. L’Internazionale dell’umanità che verrà, come sarà cantato da allora.


Questa è una recente versione de L’Internazionale, nata con la Comune di Parigi, inserita nella colonna sonora del film Miss Marx di Susanna Nicchiarelli uscito nel 2020.

La esegue una straordinaria (post)hardcore punk band fieramente mexico/puertoricoamericana, queer, anticapitalista, di Providence, Rhode Island: Downtown Boys - L'Internationale



1 Comment


Unknown member
Mar 18, 2021

Vive la Commune! Vive Mai 1968!

Like
bottom of page