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GIORNO PER GIORNO 12 luglio

12 luglio 1962

 

Niente muschio su una pietra che rotola



Al Marquee club, in Oxford Street a Londra, il 12 luglio del 1962 si tiene il primo concerto dei Rolling Stones. Non esistono foto dell’evento, poche testimonianze, alcuni ricordi e un mucchio di leggende.



Nel 1962 il Regno Unito stava ancora risollevandosi dalle ferite della guerra, la politica classista del governo conservatore presieduto da Harold Mcmillan continuava a tenere il paese sotto una cappa di grigiore, precarietà, conformismo, fatto di sbronze colossali al sabato sera dopo una settimana di duro lavoro o al ritiro dell’assegno di disoccupazione. Tra i giovani la noia cedeva davanti all’impulso emulativo che veniva dall’esempio dei teenagers americani, ribelli e consumistici: Come scriveva il critico musicale, storico delle culture giovanili Jon Savage: “La diffusione postbellica dei valori americani avrebbe avuto come testa di ponte l’idea del teenager.

Questo nuovo tipo era veramente all’altezza psichica dei tempi: viveva nel presente, cercava il piacere, era affamato di prodotti, incarnava la nuova società globale in cui l’inserimento sociale sarebbe stato garantito dal potere d’acquisto. Il futuro sarebbe stato dei teenagers”.


Forti fermenti culturali avevano fatto la loro apparizione sempre più spesso nell’ambiente della cultura, del cinema, del teatro e delle arti in genere. Il Free Cinema di Richardson, Mazzetti, Anderson e Reisz, la letteratura e il teatro, John Osborne con Ricorda con rabbia e La solitudine del Maratoneta di Alan Sillitoe aprivano a un futuro di creatività e innovazione che avrebbe caratterizzato Londra e l’Inghilterra degli anni Sessanta, l’avvento del governo laburista di Harold Wilson e la politica di aiuti sociali, di sostegno all’istruzione, alla cultura. Anche il mondo musicale viveva di nuove influenze, trasformazioni ed eccitanti prospettive.


Il Marquee club era nato nel 1955 su impulso di Harold Pendleton, allora segretario della National Jazz Federation, che aveva avuto l’idea di creare un locale dove far esibire musicisti jazz, sia residenti che in tournèe in Europa. Ben presto il locale, originariamente chiamato Marquee Ballroom, sorgeva nel seminterrato dell’Academy Cinema in Oxford Street e aveva uno strano arredamento che simulava un tendone da circo, ideato e allestito dallo scenografo e fotografo gallese Angus McBean, famosissimo per i suoi ritratti in stile surrealista della giovane attrice Vivien Leigh e di altre personalità del mondo della cultura e dello spettacolo e poi per le copertine dei dischi del più amato cantante inglese degli anni Cinquanta e dei primi anni Sessanta, Cliff Richard.


Alla fama del locale aveva concorso la scelta degli artisti che si esibivano, sia la scena musicale che si andava creando intorno e anche la fama dello scenografo fotografo che diventerà il fotografo del primo album dei dei Beatles Please, Please me.


Sul palco del Marquee ben presto oltre a musicisti jazz avevano iniziato ad esibirsi, musicisti blues e Rhythm&Blues come Muddy Waters e residenti come Alexis Korner. Una giornata alla settimana, in genere il giovedì era dedicata al blues o allo skiffle, una miscela di folk americano, swing e blues del Sud suonato oltre che con i tradizionali strumenti a corda, anche con strumenti poveri, assi per lavare, collo di brocca, manici di legno con una corda ecc.


Il locale tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio del decennio successivo aveva assunto il ruolo di palestra musicale attirando verso il blues giovanissimi musicisti e aspiranti tali, nomi che sarebbero diventati famosissimi nel corso degli anni Sessanta, Yardbirds e Rory Gallager, Jimmy Page e Manfred Mann, Brian Auger e soprattutto i Rolling Stones.



Tutti cresciuti intorno alle performance delle varie formazioni con cui si esibiva Alexis Korner, conosciuto da allora come padre del british blues. Formazioni che saltuariamente comprendevano il batterista jazz Charlie Watts, Jack Bruce e Ginger Baker (poi nei Cream), John Mayall, Graham Bond, Long John Baldry e Danny Thompson. Sotto il suo palco e a volte sopra a suonare con loro erano saliti anche Brian Jones, Keith Richards e Mick Jagger.


Il 12 luglio 1962 era previsto al Marquee il concerto della Blues Incorporated di Alexis Korner, che però aveva dovuto annullare la sua presenza per un impegno alla BBC. Aveva dovuto cercare un rimpiazzo e aveva chiamato uno dei tanti giovani musicisti che conosceva e che aveva inserito nella sua formazione in alcune occasioni, Brian Jones, un curioso ed eclettico chitarrista innamorato del blues che da tempo stava provando con altri giovani musicisti, anch’essi del giro del Marquee, il chitarrista Dick Taylor (fondatore poi della garage band Pretty Things), Bill Preston al pianoforte, Mick Avory alla batteria e altri due con cui aveva iniziato a provare da pochi mesi, Mick Jagger e Keith Richards. Una band che non aveva ancora un nome ma che la passione per Muddy Waters e le circostanze si occuparono di chiamare, al momento di fornire dettagli a un critico musicale, Rollin’ Stones, come il titolo del famoso brano blues che profetizzava alla nuova band un futuro per cui il muschio non gli si sarebbe formato sopra, fino a quando avesse avuto la forza e la voglia di rotolare.

Poche notizie sulla scaletta della serata. A posteriori, anzi a distanza di quel tempo che fa fare alla memoria il gioco di rimpiattino con la realtà, si dice che fu un grande successo, che la band fu calda, emozionante, potente, energetica. Keith Richards ricorda tre brani eseguiti nella serata, quelli che avevano provato e riprovato nella sala prove procurata da Jan Stewart: Dust My Broom, Confessin’ the Blues e Got my Mojo Working.


Tutto il resto è leggenda. Esattamente come lo è stato Harold Pendleton e il Marquee per la musica, Alexis Korner per il blues e per la nascita di tutta la scena musicale inglese degli anni Sessanta, Angus McBean, per tutta la cultura prima e dopo la guerra.


Rolling Stones on Ready Steady Go - Come On 08-23-1963


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