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GIORNO PER GIORNO 11 maggio - George Davis is innocent!

11 maggio 1976

 

George Davis is innocent!



Dopo due anni di carcere viene liberato George Davis, operaio licenziato, piccolo rapinatore, accusato di rapina e tentato omicidio di un poliziotto. Lunga battaglia sociale e politica per smascherare la montatura ai suoi danni. Una delle più creative, estese, ostinate campagne di opinione per la giustizia, partita dall’East London che ha coinvolto punk e cittadini comuni, squatter e artisti, intellettuali e il mondo dello spettacolo e della musica dagli Who agli Sham 69, Tom Robinson Band e Duran Duran.



Avevano accusato George Davis di aver partecipato a una sanguinosa rapina in cui un poliziotto era rimasto ferito, nel marzo 1974 e un anno dopo l’avevano condannato a vent’anni di reclusione.


Quattro imputati, tre assolti e una sola condanna, George Davis. La polizia aveva raccolto sul luogo della rapina quattro campioni sanguigni diversi, nessuno apparteneva agli imputati. Le uniche prove che scagionavano tutti i quattro imputati, la non corrispondenza coi loro gruppi sanguigni, erano state nascoste e soppresse impedendo l’avvio di un “giusto processo”, secondo il dettato giuridico.


Tutto quello che vogliono è starti addosso, spiccarti. Qualunque cosa tu dica o faccia. Guardando i loro fotogrammi, guardano il tuo viso e il tuo viso si adatta. George Davis è innocente, George Davis è innocente!” Cantano gli Sham 69, gruppo punk di East London, la zona dove viveva George Davis.


La polizia aveva utilizzato delle dichiarazioni dell’imputato, riferendole con parole che stravolgevano il significato, giurando poi che si trattava delle parole esatte. Tre mesi dopo la rapina su 39 testimoni 34 non identificarono Davis e 3 si sbagliarono con altre persone. Quando nell’identificazione “all’americana”, Davis scambiò la sua maglietta con un altro, quest’uomo venne identificato da due testimoni come il rapinatore.


La donna a cui un rapinatore in fuga aveva preso la macchina portandola con sé, non lo aveva riconosciuto come suo rapitore.

George Davis era un operaio precario, fattorino, licenziato che si arrangiava come autista in nero di minicab o direttamente ai margini della legalità per mantenere la famiglia.”Nel 1972 ero stato condannato per aver ricevuto merce rubata ma non ero mai stato in prigione», racconta. “La prima volta è stata quando mi hanno preso nel '74. Ero stato un po’ un cattivo ragazzo - ero coinvolto con certe persone e loro lo sospettavano. E due poliziotti erano rimasti feriti, quindi hanno dovuto trovare qualcuno. Sono stato accusato sei settimane dopo la rapina”.


La rapina non era una delle tante. Era stata fatta ai danni della London Electricity Board, e rapinare gli stipendi della LEB era come rapinare la Borsa di Londra, viste le sue quotazioni. E a indagare sulla rapina non c’era gente qualunque ma la Robbery Squad, quella che ancora vedeva al comando Jack Slipper, l’uomo che con i suoi sottoposti aveva concluso le indagini per la rapina del secolo al treno Glasgow-Londra. Insomma c’entrava il prestigio nazionale, l’economia, il nome di Scotland Yard. Tutto, tranne la giustizia.


George Davis per il giorno della rapina ha anche un testimone a favore. “Peter Chapel, un buon amico, mi aveva visto quel giorno - stavo viaggiando in mini-taxi, usando l'auto di mio fratello - e quella mattina mi ha visto, mi ha chiesto se volevo fare colazione. Ho detto di no, non c'era nessuno in ufficio, quindi sono dovuto entrare”.


Peter Chapel ha la certezza della sua innocenza e con Rose, la moglie di Davis, parenti, amici, abitanti di zona iniziano una personale e creativa campagna per riaprire le indagini. Ponti, strade, piazze, su ogni muro iniziano a comparire scritte “Free G. Davis”. Sabotano e spengono le luci dell’albero di Natale a Trafalgar Square, entrano oltre i cancelli di Buckingham Palace, con un furgone sfondano i finestrini dei giornali Daily Telegraph e Daily Mirror e a Parigi lasciano un ricordo che attraversa le finestre dell’ambasciata britannica. Un gruppo occupa per sette ore il campanile della chiesa di Saint Paul a Londra.


Ogni volta la stessa firma: George Davis deve essere liberato!


Il 19 agosto 1975 l’azione più eclatante: un gruppo di persone penetra nello stadio di Leeds dove si deve svolgere la terza prova del torneo di Cricket tra la squadra inglese e quella australiana: il campo è stato scavato, riempito di buche, riempite a loro volta di olio e di pece; un rullo compressore ha scorrazzato tra l’erba lasciando la sua impronta mentre tutto intorno giganteggiano le scritte con lo slogan “George Davis is innocent”. Con una telefonata rivendicano l’azione.


La prova ovviamente non viene effettuata e la partita finisce a tavolino con un pareggio, un “nulla di fatto” che priva l'Inghilterra della possibilità di riconquistare The Ashes e il trofeo.


L’eco è grandissimo, Peter Chapel arrestato e condannato a 18 mesi di reclusione continua con Rose, anch’essa arrestata ma poi scarcerata a coordinare le iniziative.


George Davis is innocent si vede dappertutto, diventa uno slogan da stadio e nelle manifestazioni. La sua causa acquista sempre più simpatie, lo si vede come il povero contro il potente e si identifica l’ingiustizia subita dall’uomo con quella che quotidianamente subiscono i marginali dei quartieri poveri di Londra. Il sostegno è diffuso e trasversale. Gli Who tengono un concerto di beneficenza per Davis al campo di calcio The Valley del Charlton Athletic. Rose sul palco e la band indossavano tutti le magliette "George Davis Is Innocent". La compagnia teatrale radicale Half Moon mette in scena uno spettacolo teatrale, George Davis Is Innocent OK, nel suo piccolo teatro ad Aldgate. I punk londinesi e di altre città lo adottano e lo cantano. Tom Robinson Band, fieramente schierati per i diritti civili LGBTQ e di tutti, mettono la scritta nel loro album. Una dozzina di altri musicisti promuovano un album collettivo benefit con brani a lui dedicati e persino i dandissimi newromantic Duran Duran aggiungono un verso col suo nome a una loro canzone.



E poi ancora manifestazioni, sit in, stickers, t.shirt, badge,cori, striscioni, cartelli. Un vero incubo per il governo inglese e per il ministro degli interni. Ormai sotto accusa sono loro. Lo scrittore di The Observer Robert Chesshyre si chiedeva cosa stesse succedendo e dopo un’inchiesta pubblicò le sue valutazioni che riassumendo grossolanamente confermavano che la polizia, la Robbery Squad era corrotta, le prove truccate. Il ministro dell'Interno Roy Jenkins finalmente annuncia che Davis deve essere rilasciato, “l’identificazione non è sicura”.


L’11 maggio del 1976 George Davis viene liberato e portato alla stazione di Waterloo dove lo attende una folla festante. Viene aperta un’indagine esterna sulla Robbery Squad, ma contemporaneamente il Ministero degli Interni stabilisce che le ragioni dietro la sua incarcerazione sarebbero rimaste segrete per 34 anni. Nel maggio 2011, George Davis ha finalmente vinto il suo appello contro quella condanna del 1975. Tre giudici della Corte d'appello hanno dichiarato la sua condanna "non sicura". Ma hanno detto che non potevano "esonerarlo positivamente". Perché?


Perché nel mentre, due anni dopo Davis è stato beccato di nuovo per rapina e condannato e di nuovo ancora una seconda volta per tentata rapina a dei sacchi postali.


George Davis racconterà molti anni dopo, a condanna scontata e con un nuovo lavoro come taxista: “Erano passati 16 mesi quando siamo stati beccati a rapinare la Bank of Cyprus. Sapevo che l'avrei fatto, non avevo fatto quello per cui mi avevano fregato, ma non era qualcosa che non avevo mai fatto. Quando siamo stati catturati, la polizia ci stava aspettando - occhio pronto - e siamo stati fregati. Non so dirti quante rapine ho commesso in totale. È stato emozionante quando lo stavo facendo. Non ero consapevole di come facesse sentire le altre persone; non era una cosa di potere - era per soldi. Non ho mai fatto del male a nessuno. Non avevo piani reali; volevo solo spendere i soldi, in parte per sostenere la mia famiglia; per vivere meglio”.


Nel 2015 riassume un’altra porzione di vita: “Così nel 1987 sono andato a lavorare facendo il noleggio di auto, non solo come autista. L'ho fatto per un periodo piuttosto lungo, ho dovuto dedicare molte ore. Mi sono tenuto lontano dai guai facendo diversi lavori di guida, come portare i pazienti da e verso l'ospedale. Amavo quel lavoro. Cominciavo molto presto la mattina e finivo subito dopo pranzo, mi sentivo come se stessi aiutando le persone. Avevo 70 anni. Da quando ero stato un cattivo ragazzo, quando ero più giovane, finalmente davvero mi piaceva lavorare. Ma non ho mai guardato indietro, non ho pensato alle altre cose - non puoi avere rimpianti”.


E ora le domande finali che a quasi cinquanta anni dai fatti è utile farsi e poi una nota.


Come possono le bugie della polizia e una condanna insicura non significare che George Davis fosse proclamato pienamente innocente per la rapina del 1974? Cosa sarebbe successo se la moglie e gli amici non avessero usato tutta la determinazione e l’avventurismo possibile per suscitare un moto di indignazione per la condanna? È cambiato qualcosa? Queste domande le abbiamo rubate pari pari dai giornali inglesi del 2014 per il quarantennale dei fatti.


Jimmy Pursey, la voce del gruppo ultra cokney Sham 69 canta “George Davis è innocente” nel 1978 enegli anni successivi, quando l’uomo è di nuovo in prigione “Non ti lascerò mai solo, perché loro non ti lasceranno mai solo. Loro sanno dov’è la tua dannata vita. L’East London è casa tua”.


Sham 69 - George Davis is innocent


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