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GIORNO PER GIORNO 10 luglio - Bob Kaufman. poesia del carcere

10 luglio 1969

 

Il poeta, Bob Kaufman, autore dei Jail Poems parla dal carcere


“Seduto qui a scrivere cose su carta invece di attaccare la matita in aria”


“Quel battito silenzioso fa battere il tamburo, fa il tamburo, fa il ritmo. Senza di esso non c'è tamburo, né battito. Non è il ritmo suonato da chi sta battendo il tamburo. Il suo è un rumore forte, il battito silenzioso è battuto da chi non sta battendo sul tamburo, il suo battito silenzioso copre tutto il rumore che viene prima e dopo ogni battito, lo senti a ritmo, il suo suono è Bob Kaufman, Poeta .”


Bob Kaufman, il poeta afroamericano che le riviste letterarie e gli editori francesi hanno soprannominato il “Rimbaud nero”, il poeta più povero e schivo della Beat Generation, l’editore con Allen Ginsberg della rivista Beatitude, è di nuovo in carcere. Ne hanno dato notizia alcuni giornali underground ma anche una testata ufficiale dell’establishment. Nonostante questo nessuno è andato a fargli visita, a sapere come sta, a fargli avere qualche soldo per le sigarette. Nel carcere californiano di San Bruno riceve l’inaspettata visita di due redattori del giornale underground “Good Times”.


“Era sorpreso di vederci e non capiva davvero perché fossimo lì. Abbiamo posto alcune domande iniziali per convincerlo a rispondere nel modo in cui ci aspettavamo che rispondesse un ‘Rimbaud nero’. Aveva poco da dire. Ha scelto di rispondere alle nostre domande ‘sì’ o ‘no’ e abbiamo dovuto ripetere più volte la stessa domanda. Ci ha parlato di un nuovo libro di poesie, basato sui suoi viaggi, che uscirà in autunno e di un'interpretazione moderna della danza di ‘Solitudes Crowded with Loneliness’, il suo primo libro, in uscita a New York. Quando uscirà tra due settimane, vorrebbe andare a trovare Ginsberg a New York. ‘Dovrò andare in ospedale prima di andare a New York’, ha spiegato, “perché un medico mi ha detto che ho il morbo di Parkinson. Non so cosa sia.’ Il morbo di Parkinson è una malattia nervosa cronica progressiva, endemica degli anziani. Bob Kaufman ha 38 anni. Non gli è stato permesso di entrare in ospedale dalla sua prigionia due mesi e mezzo fa per essersi appropriato di un vestito”.


Bob Kaufman è la personificazione e l’essenza della cultura bohemmienne e beat, ma non è lo stereotipo del maledetto, ribelle, con una famiglia che lo ha trascurato. Anzi. Padre tedesco ed ebreo, madre insegnante, nera della Martinica e una nonna praticante il voodoo, aveva potuto studiare e aveva scelto di diventare marinaio nella Marina Mercantile. Durante il lavoro duro ed estenuante, che gli aveva procurato il congelamento di entrambi i piedi, si era radicalizzato e aveva aderito al più combattivo sindacato interetnico dei lavoratori marittimi, il National Maritime Union, scontrandosi più volte con padroni e armatori. Nei primi anni Quaranta aveva lasciato il lavoro per frequentare la New School for Social Research, dove aveva conosciuto Burroughs e Ginsberg e dove si era innamorato di Garcia Lorca, Arthur Rimbaud, Gertrude Stein e della cultura nera americana e internazionale, Aimèe Cesar, Franz Fanon, Langstone Hughes, Nicolàs Guillen.


Ama il jazz e lavora spesso con jazzisti di cui è amico, come Cecil Taylor. Il suo verso ha il ritmo del Be-bop di Charlie Parker, ma crede nella poesia orale, nella comunicazione improvvisata, nella tradizione culturale africana e antilliana.

Se abbiamo sue poesie lo dobbiamo alla tenacia e all’intelligenza di Eileen sua moglie, che trascriveva le sue parole recitate in bar e locali o davanti a un pubblico improvvisato in strada. Raccoglieva i suoi versi scritti su pezzi di carta trovati chissà dove, i tovagliolini di carta e i biglietti pubblicitari con le sue note. Versi che sarebbero stati pubblicati dalla City Lights di Ferlinghetti. Era e sarebbe stato povero, sbandato e cullato da un proprio ritmo urbano, spinto dalla rabbia contro i potenti e i razzisti, spinto dalle note che gli risuonavano in testa di un Paul Robeson che cantava gli inni dei lavoratori dei soviet o l’Internazionale. Una rabbia per la caccia alle streghe della commissione Mc Carthy alla ricerca continua di oppositori e comunisti tra le fila degli attori, poeti,intellettuali, di tutti quegli antiamericani che affiancavano le ultime lotte operaie prima del loro soffocamento.


Impossibile contare il numero di pestaggi subiti per il colore della pelle, quanti arresti e incriminazioni per le più banali motivazioni, spesso per vagabondaggio, per aver letto le sue poesia in un parcheggio. Sicuramente una cinquantina solo nella zona di San Francisco. Ken Kesey, autore del libro Qualcuno volò sul nido del cuculo, animatore della scena psichedelica con il suo pullman errante assieme ai Merry Pranksters, racconta di aver visto Kaufman negli anni Cinquanta a San Francisco: “Ricordo di aver guidato fino a North Beach con i miei genitori e di aver visto Bob Kaufman là fuori per strada. All'epoca non sapevo che fosse Bob Kaufman. Aveva piccoli pezzi di cerotto su tutto il viso, larghi circa due pollici, e piccoli più piccoli come due pollici di lunghezza - e tutti fatti a croce. Si avvicinò alle auto e balbettava poesie in queste auto. Si è avvicinato alla macchina su cui stavo viaggiando, e ai miei genitori, e ha iniziato a borbottare questa roba in macchina. Sapevo che questo era un uso eccezionale della voce umana e della mente umana.”


Come aveva scritto James Baldwin, in quegli anni il razzismo era uguale, in ogni dove, negli Stati del Sud come in California. E Bob Kaufman è un nero, militante sindacale e di sinistra, marittimo ribelle, sposato con una donna bianca, poeta di strada non inquadrabile e inaffidabile era un perfetto bersaglio. Un uomo da tormentare tutti i giorni, uno sotto sorveglianza dell’FBI sino agli anni ’70. Il suo è il battito e il ritmo della strada, la solitudine dei volti che si cercano nella folla.


Ombre fresche oscurarono città morte, cadendo, formicai elettrici, dove l'amore fu assassinato. Crocifissioni quotidiane, su croci di acciaio inossidabile, Nei giardini delle suddivisioni dei fortini, cadendo. I poeti, come canne libere, vagano su paesaggi fetidi, Fenice barbuta, bruciandosi, cadendo. Una follia salvifica, proiettata da alberi spogli, cadendo, Ammortizza i canti, filtrati attraverso rovine fumanti, Dalle narici di dei morti insepolti. Ombre fredde, cadono sulle palpebre tirate, cadono, tagliano il confine del tempo, cadono, senza fine.”


Trasferitosi con la famiglia a New York, ritrova il suo ambiente di poeti, del jazz, e conosce quelli dell’Umbra Workshop e Ishmael Reed, l’ambiente più innovativo della fresca e radicale cultura afroamericana. Ma repressione e razzismo non cambiano. Sembra che i poliziotti da una costa all’altra si siano passati la parola. Viene arrestato persino per aver camminato sull’erba di un parco, viene rinchiuso in un ospedale psichiatrico e curato con dosi di elettroshock. Ma Kaufman è uno che non si arrende.“Quando morirò non rimarrò Morto”


Il suo rilascio, e il ritorno a San Francisco coincide con l’assassinio di Kennedy, uno dei più irrisolti misteri americani, coperto da depistaggi e nebbie di disinformazione.


Il poeta Bob Kaufman decide allora di rinunciare alla parola. Opta per il silenzio, abbandona la scrittura, non parla più né in pubblico né in privato e solo nel 1973 quando ormai è chiaro che la guerra in Vietnam sta per finire (e finire con la sconfitta americana), romperà il silenzio.


Il 10 luglio 1969, Bob Kaufman è rinchiuso nel carcere di San Bruno, un tempo, negli anni Trenta, considerato un modernissimo istituto penitenziario, un modello, qualunque cosa voglia dire. Non ha molta voglia di parlare con quei giovani del giornale underground Good Times.Bob Kaufman ci scrutò attraverso una lastra di vetro di 5x7 pollici, circondata da uno schermo a maglie opache. L'interno del carcere di San Bruno è considerevolmente più tetro di quanto suggerirebbero le ordinate file di fiori nella luminosa valletta esterna.” scrivono Ron Korr e Joe Lemming. Dopo la chiacchierata non troppo animata, priva di lamentele o prevedibili accuse ai poliziotti, Bob Kaufman ha una sola richiesta: “chiedere a Ferlinghetti di mandargli dei soldi per le sigarette”.


“No, non sono Leadbelly del blues, fuggito dalle prigioni della chitarra./No, non sono qualcosa che è qualcosa che non sono.”

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